giovedì 24 novembre 2016

Aversano e il Quartetto d’Archi della Scala per “Serate Musicali”

Lunedì 28 novembre alle ore 21.00, il pianista Emilio Aversano e il Quartetto d’Archi della Scala saranno protagonista, al Conservatorio di Milano, del prossimo appuntamento della Stagione 2016/2017 di Serate Musicali. In programma musiche di Mozart, Beethoven e Dvořák



Lunedì 28 novembre 2016 ore 21.00
Sala Verdi, Conservatorio di Milano,
via Conservatorio 12 Milano

QUARTETTO D’ARCHI DELLA SCALA
Violinista FRANCESCO MANARA - Violinista DANIELE PASCOLETTI
Violista SIMONIDE BRACONI - Violoncellista MASSIMO POLIDORI

Pianista EMILIO AVERSANO

WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756 - 1791)
Adagio e Fuga in do minore K 546
Adagio; Fuga. Allegro

LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770 - 1827)
Grande Fuga per quartetto d’archi in si bemolle maggiore op. 133
Ouverture. Allegro; Allegro; Fuga

ANTONIN Dvořák
Quintetto in la maggiore op.81
Allegro, ma non tanto; Dumka: Andante con moto; Scherzo - Furiant: Molto vivace; Allegro

Il programma (dal libretto di sala)

WOLFGANG AMADEUS MOZART
Adagio e Fuga in do minore K 546
Mozart sì applicò a più riprese e con passione allo studio del contrappunto. Fu soprattutto negli anni del soggiorno viennese che ebbe modo di conoscere e approfondire i grandi lavori contrappuntistici del passato; fu a Vienna che venne in contatto con la cerchia del barone Gottfried van Swieten, mecenate e colto dilettante dì musica che nella sua abitazione organizzava regolari esecuzioni della musica di Bach e Händel. E fu ancora negli anni viennesi che Mozart si entusiasmò per le Fughe di Bach, che fece oggetto di uno studio attento e appassionato. Non doveva essere estranea a questo interesse neppure la frequentazione degli ambienti massonici, cui lo stesso van Swieten apparteneva. La Fuga e la scrittura contrappuntistica assumevano, in quella cerchia, il valore di una trasparente metafora: nell'edificio contrappuntistico e nella Fuga che ne è la più complessa espressione, gli adepti coglievano di riflesso l'operato del Grande Architetto dell'Universo. Di qui l'attivismo con il quale le logge massoniche si adoperarono, nelle principali città europee, per riportare in vita capolavori del passato come gli Oratori di Händel e le Fughe di Bach, nei quali la scienza contrappuntistica raggiunge vertici ineguagliati. Uno dei massimi contributi di Mozart al genere è costituito dalla Fuga in do minore K. 546, composta in origine per due pianoforti (K. 426) e trascritta in seguito per archi, con l'aggiunta di un Adagio introduttivo. Di straordinaria intensità espressiva, l'Adagio è dominato dal contrasto tra figure ritmiche ed energiche e un motivo dolente, che insiste su patetici semitoni. Lo stesso contrasto espressivo tra azione e ripiegamento, tra eroismo e rassegnazione caratterizza l'austero soggetto della Fuga. Improntata a un clima di estrema severità, la composizione da fondo a tutti gli artifici del contrappunto osservato, valendosi di una tecnica e di un controllo espressivo che rivelano la profonda assimilazione della lezione bachiana.


LUDWIG VAN BEETHOVEN
Grande Fuga per quartetto d’archi in si bemolle maggiore op. 133

La Grande Fuga op. 133, dedicata all'arciduca Rodolfo, venne composta fra l’estate e l'autunno del 1825. Pubblicata due anni dopo, costituiva in origine il finale del Quartetto op. 130. Una sconfinata ricchezza di fantasia vi appare contenuta da una ferrea e pur vibrante struttura contrappuntistica. É una delle pagine più ambiziose e avveniristiche di Beethoven. Da una parte si impone all'ascolto una concezione del suono aggressiva e materica, che può trovare un convincente parallelo solamente in un altro grande affresco contrappuntistico, il finale della Sonata per pianoforte op. 106. D'altra parte Beethoven compie uno dei suoi capolavori di invenzione formale, proponendo una sintesi dei principi della Fuga e di quelli della Sonata. Una «Ouverture» di 29 battute presenta in tre diverse forme il "motto" che costituisce il soggetto della costruzione. Segue la Fuga vera e propria, che si articola però in tre distinte sezioni, impostate come un Allegro, un tempo lento e uno Scherzo. La prima sezione, la più serrata e complessa, consiste in una doppia Fuga, in cui il "motto" funge da controsoggetto a un soggetto che procede con fraseggio spezzato. La seconda sezione «Meno mosso e moderato» è improntata invece a un diffuso lirismo; a contrappuntare il "motto" interviene una sinuosa linea di semicrome (già presentata d'altronde nell'Ouverture). La terza sezione «Allegro molto e con brio» vede il "motto" convertito  e protagonista assoluto di una trattazione in cui il timbro diventa elemento essenziale, con i lunghissimi trilli coloristici. Ritornano frammenti delle sezioni precedenti, prima di una Coda che riassume con densità trascinante tutto il contenuto tematico ed elaborativo dell'intera pagina. Beethoven è giunto al ciclo degli ultimi Quartetti (1822-1826), fuori dagli schemi tradizionali, nell'estremo maturarsi del suo pensiero creativo e nel profondo rigore di uno stile severo, tremendamente incisivo. É il Beethoven del «terzo stile», un musicista che ci insegna una dolente accettazione e, secondo le parole di Massimo Mila, «una virilità forse meno brillante che l'egoismo prometeico, ma più consapevole e matura». La Grande Fuga, uno degli esempi più alti della polifonia strumentale d'ogni tempo, venne ridotta dallo stesso Beethoven  per pianoforte a quattro mani (op.134).

ANTONIN Dvořák
Quintetto in la maggiore op.81
Scritto nell'arco di meno di due mesi, tra il 18 agosto e il 3 ottobre del 1887, il Quintetto op. 81 è di gran lunga il più noto dei due Quintetti con pianoforte composti da Dvořàk nella stessa tonalità di la maggiore; ma se il primo op. 5, datato 1872, si inscriveva ancora nell'orbita classicheggiante di Mozart, questo se ne allontana in direzione di una più pregnante integrazione tra elementi romantici, soprattutto brahmsiani, e folclorici. Come prima di lui Smetana, anche Dvořàk, a differenza dei Russi, riteneva che lo spirito del canto popolare dovesse essere ricreato non copiando il popolo, bensì reinventando con la fantasia nuove melodie sul modello della musica popolare. Cresciuto sotto l'influsso delle teorie di Herder, Goethe e dei fratelli Grimm, che furono così decisive per lo sviluppo del nazionalismo cèco, egli ravvisò il suo ideale artistico in una tradizione che, partendo dal classicismo e operando nel solco del grande romanticismo tedesco, immettesse nelle strutture formali di quella tradizione e nei suoi schemi compositivi la comunicativa diretta del canto popolare, giungendo a vagheggiare l'utopia totalizzante di un folclore slavo, anzi panslavo. Questi due atteggiamenti coesistono in modo quasi programmatico nella concezione formale delle sue opere maggiori, alle quali appartiene anche il Quintetto op. 81. L'ambizione strutturale alla grande forma si manifesta soprattutto nei movimenti estremi, dominati da un'elaborazione tematica salda e concentrata negli sviluppi; mentre in quelli centrali risaltano i due aspetti peculiari dell'idioma ispirato al folclore: effusione melodica e senso immaginativo negli Adagi, vivacità ritmica e rustica robustezza negli Scherzi. Nel primo movimento del  Quintetto, Allegro ma non tanto, la netta plasticità dei temi, dalla prima esposizione del violoncello alle successive entrate degli archi fino alla ripresa affermativa del pianoforte, mostra un'espressività appassionata, ora energica, ora lirica, oscillando tra indugi contemplativi e vigorose impennate. Quest'inventiva insieme spontanea e controllata, di immediata forza comunicativa, si ripropone con una serrata unitarietà di effetti potenziati nell'Allegro finale, raggiungendo una perfetta simbiosi di vitalità gagliarda e di gioiosa brillantezza. I due tempi centrali danno ampio spazio al carattere popolare. La Dumka, canto popolare russo-slavo, sorta di méditation narrativa di carattere elegiaco, è il fulcro dell'Andante con moto, pagina sospesa tra pensosità e malinconia e contrassegnata dal contrasto tra la sezione lenta iniziale, poi ripresa alla fine, e l'irruzione centrale di un Vivace effervescente e aggressivo. Lo stesso procedimento, ma a parti invertite, si ripresenta nello Scherzo (Molto vivace), un baldanzoso Furiant in 3/4 festosamente danzante e a tratti sincopato, interrotto dalla pacata staticità del Trio (Poco tranquillo). Anche queste asimmetrie e questi contrasti, che non giungono mai a contemplare insidie alla compattezza o sfoghi drammatici, sono del tutto compatibili con un piano compositivo nel quale l'estrosa sorpresa, apparentemente improvvisata ma mai sconfinante nei territori di un atteggiamento problematico, è funzionale non solo a una visione di spontaneo ottimismo ma anche a una integrazione con il pensiero costruttivo generale. Tutto suona piacevole e gradevole, sano ed equilibrato, pienamente bello: siamo ancora lontani dal sapore acre dell'ardente realismo psicologico di Janàček e dalla durezza aspra dei suoi scatti imprevedibili.

La prima storica formazione del Quartetto d’archi della Scala risale al 1953, quando le prime parti sentirono l’esigenza di sviluppare un importante discorso musicale cameristico seguendo l’esempio delle più grandi orchestre del mondo. Nel corso dei decenni il Quartetto d’archi della Scala è stato protagonista di importanti eventi musicali e registrazioni; dopo qualche anno di pausa, nel 2001, quattro giovani musicisti, già vincitori di concorsi solistici internazionali e prime parti dell’Orchestra del Teatro, decisero di ridar vita a questa prestigiosa formazione, sviluppando le loro affinità musicali già consolidate all’interno dell’Orchestra, elevandole nella massima espressione cameristica quale è il quartetto d’archi. Numerosi i loro concerti per alcune tra le più prestigiose associazioni concertistiche in Italia (MusicaInsieme a Bologna, Serate Musicali a Milano, Associazione Scarlatti a Napoli, Sagra Malatestiana a Rimini, Festival delle Nazioni a Città di Castello, Settimane musicali di Stresa, Asolo musica, Estate Musicale a Portoguaro, Teatro La Fenice e Malibran a Venezia, Ravenna Festival, Amici della musica di Palermo, Teatro Bellini a Catania, Stagione del Teatro alla Scala, Teatro Sociale a Como ecc.) e all’estero (Brasile, Perù, Argentina, Uruguay, Giappone, Stati Uniti, Croazia, Germania, Francia, Spagna,  Austria, Grecia  ecc.). Hanno collaborato con Bruno Canino, Jeffrey Swann, Angela Hewitt, Paolo Restani, Michele Campanella, Emmanuel Pahud, Enrico Dindo e il tenore José Carreras. Numerose le loro prime esecuzioni di compositori contemporanei quali Boccadoro, Campogrande, Francesconi, Di Gesu, Betta e Vlad. Nel 2008 hanno esordito al Mozarteum di Salisburgo e nello stesso anno hanno ricevuto il premio “Città di Como” per il loro impegno artistico. Nel 2012, in seguito alla loro tournée sudamericana,  hanno ricevuto il premio della critica come miglior gruppo da camera straniero. Nel 2011 il loro disco dedicato ai Quintetti per pianoforte di Brahms e Schumann è stato recensito come CD “5 stelle” della rivista Amadeus. Ha scritto di loro Riccardo Muti: «...Quartetto di rara eccellenza tecnica e musicale,…..la bellezza d el suono e la preziosa cantabilità, propria di chi ha grande dimestichezza anche con il mondo dell’opera, ne fanno un gruppo da ascoltare con particolare gioia ed emozione». Sono stati ospiti di Serate Musicali per la settima volta a partire dal 1979.

Salernitano di nascita, Emilio Aversano svolge sin da giovanissimo attività concertistica in recital (Amici della Musica di Palermo, Festival di Ravello in collaborazione con il Nuovo Quartetto Italiano), e da solista con orchestra, accompagnato da Filarmoniche quali Bacau, Ploiesti (Romania), SBS Youth Orchestra della Radiotelevisione di Sidney, Orchestra delle Università di Parma e di Oslo presso la Oslo University, Orchestra di Salonicco, con cui nel dicembre 2015 ha suonato il Concerto n.1 di Ciaikovski nel “Megaròn Concert Hall”. In recital ha suonato a Salisburgo (Marmorsaal), Bruxelles (Château Sainte-Anne) e a Londra al Benjamin Britten Theatre at Royal College of Music. Nel 2004 ha suonato al Conservatorio di Torino, eseguendo con l'Orchestra Filarmonica di Bacau una maratona di tre Concerti (Mozart K. 488, Ciaikovski n.1 e Rachmaninov n.2). Nel 2008, in un concerto organizzato da "Serate Musicali" al Teatro Dal Verme di Milano, ha eseguito una maratona di quattro concerti nella stessa serata (Mozart K488, Rachmaninov n.2, Ciaikovski n.1 e Liszt n.2). Gian Mario Benzing sul Corriere della Sera scriverà: «Mai visto nulla di simile (...)». Il 1° ottobre 2010 presso lo stesso Teatro, al concerto d'apertura della stagione di "Serate Musicali", è stato protagonista di una nuova maratona concertistica durante la quale ha suonato di seguito, oltre ai quattro Concerti già eseguiti due anni prima, anche il Concerto di Schumann. Il quotidiano “La Repubblica” ha dedicato all’evento uno speciale a cura di Luigi Di Fronzo e il Corriere della Sera ha definito Aversano l’“inventore di un genere”. A Milano, alla Biblioteca Sormani, per le Serate Musicali, ha dialogato con Gian Mario Benzing (Corriere della Sera) sul tema "Beethoven e la poesia di Omero e Shakespeare" e ha eseguito tre Sonate del compositore tedesco. Presente l’illustre filosofo della musica Quirino Principe, il quale su "Il Sole 24 ore" scriverà di avere «avuto la viva illuminazione di quanto possa essere colto e raffinato, ellenico ed europeo insieme un artista del nostro Sud». Con l’Orchestra Filarmonica di Bacau, sempre diretta da Ovidiu Balan, nel 2014 ha tenuto di seguito due importanti maratone pianistiche al Konzertsaal dell'Universitat der Künste di Berlino e al Gewandhaus di Lipsia. Quest’ultima è stata edita in live recording nel doppio CD “Maratona al Gewandhaus” nell'ottobre 2015 dal mensile Amadeus, che ha dedicato al pianista la pagina di copertina oltre che uno speciale sulla sua attività artistica. Nel novembre 2016 ha presentato la sua maratona al Musikverein di Vienna, accompagnato dalla Mav Symphony Orchestra di Budapest, concerto salutato alla fine da un'entusiastica standing ovation del pubblico presente in gran numero. Terminati gli studi classici, ha conseguito la laurea in Lettere Moderne col massimo dei voti e la lode presso l'Università di Salerno con una tesi su “Dante e la musica”. Tra le sue guide quella di Aldo Ciccolini. È ospite di Serate Musicali dal 2004.

(comunicato stampa)