sabato 3 marzo 2012

Daniele Gambini alias DanyDeb

Alla scoperta di un giovane compositore


«La musica ha un valore educativo molto alto: con essa ho imparato e imparerò ancora a conoscermi. Attraverso l'arte dei suoni ho appreso a vivere, perché ogni gesto che compio sul pianoforte è un nuovo modo di scoprire me stesso. Il pianoforte è il mio “alter ego” e con lui mi esprimo e sento di essere sempre me stesso. Lo strumento trasmette la mia energia e le mie composizioni sono la mia voce, che parla ancora più delle parole perché, come dissero i grandi della musica, "la musica arriva là dove le parole non arrivano"». Daniele Gambini

Pianista, musicologo, compositore e insegnante, Daniele Gambini, classe 1974, è innanzitutto uomo dalla sensibilità raffinata e dalla grande generosità. Affetto da ipoacusia bilaterale medio-grave, fin dalla nascita, Daniele ha iniziato a suonare a 12 anni, “sentendo” la musica con il corpo da autodidatta, dopo essere rimasto vittima di un grave incidente automobilistico, che ha risvegliato e fatto riscoprire in lui una libertà interiore inaspettata, accompagnata da uno studio intenso per questo strumento. Poi, la musica diventa una “cosa seria” e iniziano i suoi studi con Rachele Mazzoleni, prima e Marco Berrini, poi, l’approfondimento della parte teorica presso la Facoltà di Musicologia a Cremona (dove ha conseguito la laurea nel 2002), la specializzazione nell’insegnamento dell’Educazione Musicale per le scuole secondarie nel 2006 e, infine, la specializzazione per l’attività didattica di sostegno agli alunni diversamente abili l’anno successivo. Nel frattempo, ha iniziato anche a comporre sia brani pianistici che orchestrali. 

L’11 ottobre del 2008 presso l’Auditorium San Fedele di Milano ha eseguito in concerto le composizione che appartengono al “Ciclo Lunare”. Ispirandosi ad alcune poesie di Gianfranco Bruscasca, Daniele parla della Luna, mettendone in rilievo 3 aspetti: quello contemplativo, quello del dolore e quello della gioia.

Davanti alla luna mette in evidenza l’aspetto contemplativo della Luna.


«Davanti alla luna rivela l’aspetto contemplativo della Luna. Essa viene vista come creatura a cui rivolgere i propri sentimenti. Il clima di timore iniziale lascia sempre più spazio all’apertura confidenziale, sino a quando la Luna diventa completamente amica del nostro cuore. La nostra anima sente sollievo comprendendo di essere ascoltata ed entra in relazione col mondo circostante attraverso un vibrare ed una risonanza corporea. Emerge un canto che rivela la pienezza dell’essere in tutte le sue manifestazioni più belle ed anche in continua ricerca di sé. Nasce una danza di fuoco e di passione, che si congeda con una preghiera di ringraziamento per quello che la Luna gli ha fatto provare».

Dov’è la Luna? Mostra, invece, un modo di sentire il dolore.


«Attraverso la musica il dolore si trasforma in una nuova possibilità di conoscenza di noi stessi. Nascono nuove percezioni fisiche e mentali che ci portano a possibilità in modo ancora più consapevole».

Danza la luna rappresenta la fusione degli opposti, del giorno e della notte, grazie alla pace ritrovata.



«Una danza prende origine dal nostro ascoltare i silenzi e osservare i nostri moti più profondi, mentre la Luna e le cose del mondo si muovono sopra e a fianco di noi.  Osservando la Luna di notte, in attesa del giorno, si rivelano i profumi della vita anche quando non tutto è chiaro. È la percezione dei sensi, che mostrano il nostro essere nella completa unità per giungere ad una speranza sempre più infinita, là dove il tempo non fa più rumore».

Raggi di Speranza é una composizione suddivisa in tre sezioni principali che rappresentano alcuni stadi della nostra vita.


«Da un senso di stabilità apparente inizia una ricerca che nasce da un ascolto interiore. Tutto comincia a muoversi; bellezze e altri presagi cominciano a prendere forma indistintamente fino a condurre a movimenti di tempesta. Quasi all’improvviso arriva la quiete che segna una crescita e una maturità personale, ma c’è sempre un gioco sottile che tutto muove, lasciando sospesa la nostra vita, se vogliamo, in una direzione di speranza». 


Adriana Benignetti