giovedì 3 novembre 2016

L’Orchestra Vivaldi per Serate Musicali

Lunedì 7 novembre alle ore 21.00, l’orchestra, diretta da Lorenzo Passerini, sarà protagonista di un concerto per la Stagione 2016/2017 di Serate Musicali: solisti Enrico Pompili, Scipione Sangiovanni e Alex Elia. In programma musiche di Ratti, Franck, Liszt e Beethoven


Fondata nel 2011 e divenuta, in breve tempo, un’importante realtà musicale con, all’attivo significative e propizie l’Orchestra Vivaldi, diretta dal suo direttore musicale Lorenzo Passerini, sarà la protagonista del prossimo appuntamento della Stagione Concertistica 2016/2017 di “Serate Musicali”. 

Per l’occasione, lunedì 7 novembre alle ore 21.00, presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, l’orchestra eseguirà musiche di Ratti, Franck, Liszt e Beethoven. Solisti, i pianisti Scipione Sangiovanni e Enrico Pompili.


Sala Verdi, Conservatorio “G. Verdi” di MIlano
Via Conservatorio 12, Milano

Lunedì 7 novembre 2016 ore 21.00
"Omaggio a Michelangeli - I "

Direttore: LORENZO PASSERINI
Pianista : SCIPIONE SANGIOVANNI 
Pianista : ENRICO POMPILI

Tromba: ALEX ELIA

PIERGIORGIO RATTI (1991)
«Post Scriptum» per tromba e orchestra
Tromba Alex Elia

CÉSAR FRANCK (1822 - 1890)
Variazioni Sinfoniche per pianoforte e orchestra M.46
Poco allegro (fa diesis minore)
Pianista Enrico Pompili

FRANZ LISZT  (1811 – 1886)
Totentanz (Variazioni sul “Dies irae”) per pianoforte e orchestra
Tema: Andante; Allegro moderato; Marcato; Molto vivace; Lento; Vivace, allegro animato Pianista Scipione Sangiovanni

LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770 – 1827)
Sinfonia n. 5 in do minore op. 67
Allegro con brio; Andante con moto; Allegro; Allegro

Biglietti: Intero €30,00 - Ridotto €25,00

Il programma (dal libretto di sala di Serate Musicali)


PIERGIORGIO RATTI
«Post Scriptum» per tromba e orchestra
«La tromba è uno strumento utilizzato in quasi tutti i generi musicali, dalla musica da camera alla musica sinfonica, dal jazz al blues, dalla pop music alla musica da film. Post scriptum è la postilla alla storia percorsa fino ad ora da questo strumento, è il momento in cui la tromba ripercorre una parte dei suoi stilemi tipici, mescolando alla tradizione gli ultimi appunti derivanti dalla contemporaneità. Il brano è un "tema e variazioni", un pastiche di generi, stili e tecniche, che ha l'ambizione di collocarsi nel filone di musica contemporanea postmoderna. Siate curiosi, affamati ed esigenti».
Piergiorgio Ratti


CÉSAR FRANCK
Variazioni Sinfoniche per pianoforte e orchestra M.46
Le Variazioni sinfoniche, composte nel 1885 ed eseguite per la prima volta a Parigi l'anno successivo, si considerano dai più come il capolavoro di César Franck e fino all'apparizione dei due concerti di Ravel sono stati il solo Concerto per pianoforte di compositore «latino» che facesse parte del normale repertorio internazionale. L'originalità di questo brano è già adombrata nel suo titolo: Variazioni, ma sinfoniche, cioè non semplicemente allineate l'una dopo l'altra come voleva la tradizione, ma rifuse in una struttura complessa e unitaria, nello spirito della Sonata o della Sinfonia. L'impresa aveva avuto qualche precedente, basti citare il finale della Sinfonia Eroica; ma non era mai stata affrontata in modo tanto radicale, tanto meno portata a compimento in modo cosi perfetto. Non si trattava d'altronde, per Franck, di una scommessa formalistica, ma di qualcosa che riguardava la radice stessa del suo modo di comporre; perché in Franck è sempre latente un conflitto fra l'abbandono all'improvvisazione (la mistica «meditazione musicale» all'organo era in lui pratica quotidiana, e il seminario della sua fantasia) della quale la variazione è veicolo tipico, e l'opposta aspirazione all'unità tematica e formale. Non è dunque da stupire se la soluzione del conflitto gli riuscì con tanta felicità appunto in un .pezzo concertante: dove il fattore improvvisazione, invece di diffondersi in tutto il tessuto musicale, poteva impersonificarsi in un solista posto di fronte all'orchestra, e così avviarsi a divenire elemento specifico d'una dialettica. Tutta la composizione deriva da due motivi di quattro battute ciascuno, esposti immediatamente all'inizio, il primo dall'orchestra, il secondo dal pianoforte. Questi due temi si rispondono più volte l'un l'altro; e intanto il primo si trasforma in un tema più chiaramente determinato (mentre all'inizio era quasi soltanto uno spunto ritmico), e il secondo dà luogo, tra l'altro, a un'eloquente squarcio del pianoforte solo. A questo gioco di domande e risposte, che forma l'introduzione del pezzo, seguono sei variazioni vere e proprie che ne costituiscono quello che, in un normale concerto, sarebbe il suo primo tempo. Queste variazioni, che cominciano col pianoforte solo, si riferiscono esclusivamente al primo motivo, nella forma in cui s'è precisato nel corso dell'introduzione; e l'ultima, in fa diesis maggiore, costituisce anche il ponte per passare senza interruzione al brano che ha funzione di «adagio», attraverso un mormorio di sestine del pianoforte che fioriscono il tema dell'orchestra. Alla fine della variazione infatti, senza mutare tempo, le sestine del pianoforte divengono semplici arpeggi, i quali improvvisamente si oscurano modulando in fa diesis minore: a questo punto entra nei violoncelli il tema numero due (quello che nell'introduzione era stato monopolio del pianoforte e nel «primo tempo» era scomparso), con un effetto di straordinaria intensità lirica. E' questo il breve brano che funge da secondo tempo; esso termina con un trillo del pianoforte sulla dominante da cui scatta, di nuovo in fa diesis maggiore, l'allegro finale, concepito in una sorte di sintesi della forma-sonata con due temi: i quali sono, ancora una volta, trasformazioni dei due motivi fondamentali del brano.

FRANZ LISZT 
Totentanz (Variazioni sul “Dies irae”) per pianoforte e orchestra
Totentanz, è una libera rielaborazione d'antiche melodie. Circa nel 1838, mentre osservava il grande affresco del Trionfo della Morte nel Camposanto di Pisa, Liszt ebbe l'idea di una composizione in cui una melodia profondamente legata all'idea della morte, cioè la sequenza gregoriana del Dies irae, fosse protagonista di un Concerto per pianoforte e orchestra di tipo completamente nuovo. Ne iniziò la composizione ma la lasciò allo stato d'abbozzo, per riprenderla negli anni di Weimar e portarla a termine nel 1849; in seguito tornò più volte su questa prima versione, fino a darle l'aspetto definitivo nel 1859. Ma la prima esecuzione ebbe luogo soltanto il 15 aprile 1865, a l'Aja, col titolo di Totentanz (Danza macabra): sul podio il grande direttore olandese Johannes Verhulst e al pianoforte Hans von Bülow, alle cui straordinarie risorse di forza e tecnica pianistica è dedicato "con la massima stima e riconoscenza" questo pezzo di trascendente virtuosismo. L'abitudine lisztiana di non considerare mai un'opera definitivamente conclusa, ma di modificarla ogni volta che gli tornava fra le mani, adeguandola alle mutate circostanze esterne o alle nuove concezioni artistiche, rende estremamente intricato il suo catalogo, perché sotto un unico titolo si possono nascondere composizioni profondamente diverse. È il caso di Totentanz, di cui si esegue comunemente la versione "rivista secondo le indicazioni dell'autore" che è stata edita dal pianista e compositore russo Alexander Siloti, allievo di Liszt nonché fondatore nel 1885 della Liszt Gesellschaft. Però nel 1919 Ferruccio Busoni ne ha pubblicato una diversa versione, che egli riteneva risalire al 1849 e che invece costituisce uno stadio intermedio, del 1853: questa versione differisce da quella pubblicata da Siloti per molti aspetti. D'altronde già un contemporaneo di Liszt aveva saputo leggere a fondo in questa musica, affermando che «non è una piacevole e divertente pittura di genere, ma un pezzo di carattere serio ed espressivo, il cui contenuto poetico va molto al di là dei limiti delle variazioni da concerto».Questa composizione può essere descritta come tre blocchi di variazioni sul Dies irae separati da due cadenze pianistiche, più un'introduzione e una coda: ma, come il trecentesco affresco di Pisa è costituito da episodi accostati l'uno all'altro e svincolati dalle leggi della prospettiva, così il Totentanz lisztiano non segue alcun ordinamento simmetrico di tipo classico e si sviluppa con voluta e sottolineata discontinuità formale, mentre alla coerenza ideale provvedono i ritorni del Dies irae, il cui ossuto profilo melodico spunta in ogni angolo, ora terrificante, ora grottesco. In questa serie di libere variazioni sul Dies irae (ma alcune sfruttano anche il De profundis) la fantasia poetica e l'inventiva tecnica di Liszt non si arrestano di fronte ai precetti del "buon gusto" o a qualsiasi altro ostacolo ma inseguono ad ogni momento l'ideale romantico di superare ogni limite, di dire una parola mai udita e stupefacente, di spezzare ogni legame con il passato, con l'ordine, con le regole. Si riconosce, in questa straordinaria partitura, una miniera di spunti assolutamente geniali, che i compositori più giovani mediteranno attentamente. Il trattamento del pianoforte va oltre il mero virtuosismo: il virtuosismo c'è, ma non ha la funzione di decorare il pezzo, bensì serve a ottenere una grande varietà ritmica e un colore timbrico inconsueto, raggiunto anche con effetti percussivi e con lo sfruttamento delle zone estreme della tastiera, sia verso il grave che verso l'acuto. Anche il dialogo tra solista e orchestra si sviluppa in combinazioni sempre nuove. Liszt amplia la consueta orchestra ottocentesca, aggiungendovi lo strumento a fiato più acuto - l'ottavino - e quello più grave - la tuba - e una sezione di percussioni alquanto nutrita: la ricca e piena sonorità orchestrale così ottenuta viene alternata a passaggi d'intimità cameristica, in cui accanto al pianoforte sta un solo strumento o un piccolo gruppo (magari anche insolito: per esempio, flauto, triangolo, viole e violoncelli), il tutto ciò fa di Totentanz una delle più affascinanti pagine lisztiane.

LUDWIG VAN BEETHOVEN
Sinfonia n. 5 in do minore op. 67
La nascita della Quinta Sinfonia, dedicata al principe Lobkowitz e al conte Rasumowsky, si colloca tra il 1804 il 1808, anche se l'anno della sua stesura definitiva è il 1807. La prima esecuzione pubblica ebbe luogo il 22 dicembre del 1808 al teatro An der Wien in un memorabile concerto tutto beethoveniano diretto dall'autore, comprendente fra l'altro la Sesta Sinfonia, il Quarto Concerto per pianoforte, la Fantasia con coro op. 80. Fin dalle prime esecuzioni l'opera suscitò l'entusiasmo della critica più incline alla nuova sensibilità romantica, come testimoniò E. Th. A. Hoffmann che ne intuì «l'unitarietà e la logica interiore» oltre il cliché del Beethoven "sfrenato" sostenuto dalla critica erudita. La Quinta, forse la più eseguita e la più universalmente conosciuta delle nove Sinfonie, è considerata il paradigma del sinfonismo beethoveniano nel senso che nessuna altra opera presenta le caratteristiche, quasi le idiosincrasie del linguaggio di Beethoven con altrettanta chiarezza e concisione. Nel primo movimento (Allegro con brio) la forma-Sonata ha il suo teorema: nessuna pagina aveva mai organizzato il principio del contrasto, del "patetico" schilleriano con una tale integrazione fra scansione ritmica e invenzione tematica: tutto muove da una idea di quattro note («Ecco il destino che batte alla porta» come avrebbe detto Beethoven) che invadono ritmicamente tutto lo spazio disponibile cancellando ogni distinzione fra disegno e ornamento. L'Andante con moto, senza rigidità strofica, è impostato come un tema con variazioni, interrotte per tre volte da improvvise fanfare degli ottoni. Lo Scherzo (Beethoven non usa più questo termine, ma solo Allegro) amplia la sua tradizionale funzione di pezzo di alleggerimento con il colore sinistro, in pianissimo, dei contrabbassi: questi strumenti (al cui virtuosismo solistico Beethoven si era interessato in quel tempo tramite l'italiano Dragonetti) aprono il trio intermedio, in stile fugato nel modo più volte adottato nella Sinfonia Eroica. Per la prima volta (in una Sinfonia) Beethoven collega direttamente i due ultimi movimenti: il ritmo dello Scherzo (una reminiscenza del quale tornerà nel Finale) si dissolve in pianissimo e in un lungo episodio di transizione (solo il timpano esprime il movimento ritmico, mentre gli archi tengono la stessa nota per 15 battute) si comprime l'energia che investe il finale (Allegro), grandiosa costruzione su concetti semplici come l'inno e la marcia. La sonorità dei tromboni (mai usati prima da Beethoven in una Sinfonia), la conclusione della pagina da Sempre più Allegro a Presto, l'insistenza sulla cadenza finale, danno un carattere di apoteosi riassuntiva dell'intera Sinfonia.



L’Orchestra Antonio Vivaldi nasce nel dicembre 2011 e in poco tempo diventa una stabile realtà che vanta collaborazioni con importanti associazioni, festival e istituzioni italiane. Attualmente consta di una sessantina di elementi, selezionati tra i più promettenti giovani musicisti del panorama italiano. Ha all'attivo più di cento concerti sinfonici, tenutisi in importanti teatri e luoghi concertistici quali la Sala Verdi del Conservatorio di Milano, il Teatro dell’Arte di Milano, l'Auditorium de La Gran Guardia di Verona, il Teatro Sociale di Como, il Teatro Comunale di Vicenza, il Teatro Manzoni di Monza, il Teatro Civico di Tortona  e il Teatro Juan Bravo di Segovia (Spagna). Il repertorio dell'Orchestra Antonio Vivaldi spazia dalla musica barocca a quella romantica, sino ad abbracciare la musica contemporanea. L'orchestra è stata dedicataria di brani dei compositori Piergiorgio Ratti,  Antonio Eros Negri, Andrea Battistoni e Silvia Colasanti. Vanta collaborazioni con direttori d’orchestra di calibro internazionale e con musicisti di fama mondiale, quali Andrea Battistoni, José Luis Gomez, Francesco Manara, Giampaolo Pretto, Giuliano Sommerhalder, Francesco Tamiati, Stefan Schulz, Michel Becquet e Leonora Armellini. L'Orchestra Antonio Vivaldi per il biennio 2015/2016 è l’orchestra residente della stagione concertistica milanese di Serate Musicali con tre differenti programmi sinfonici. La giovanissima direzione artistica è composta da Lorenzo Passerini (direttore musicale), Piergiorgio Ratti (compositore residente) e Olga Introzzi (segretario artistico). L’attività dell’Orchestra Antonio Vivaldi è sostenuta dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dalla Regione Lombardia.


Nato a Morbegno nel 1991, Lorenzo Passerini si diploma a pieni voti in trombone al Conservatorio di Como nel 2009. Consegue nel 2014 il Diploma Accademico di II Livello presso il Conservatorio di Aosta con il massimo dei voti e lode. Come trombonista ha intrapreso tournée in tutto il mondo sotto la direzione di John Axelrod, Andrey Boreyko, Fabio Luisi e Riccardo Muti. Parallelamente alla professione da strumentista, nel 2010 inizia lo studio della direzione d'orchestra con Ennio Nicotra. Ha frequentato lezioni di John Axelrod, Massimiliano Caldi, Gilberto Serembe e Antonio Eros Negri. Attualmente studia con Pietro Mianiti e Oleg Caetani; di quest'ultimo è anche assistente. Fondatore dell'Orchestra Antonio Vivaldi, inizia la sua carriera di direttore debuttando nel dicembre 2011. Da allora si è esibito in oltre cento concerti sinfonici in tutto il territorio nazionale e non solo. Ha collaborato con Francesco Manara, Giampaolo Pretto, Leonora Armellini, Giuliano Sommerhalder, Maxim Rysanov, Vincenzo Balzani, Francesco Nicolosi, Roberto Cappello, Michel Becquet e Francesco Tamiati. Il suo repertorio spazia dal barocco al classico, dal romantico al contemporaneo. É dedicatario di brani in prima esecuzione assoluta di Piergiorgio Ratti, Antonio Eros Negri e Andrea Battistoni. É attivo anche nel campo dell’opera lirica. Ha diretto Don Pasquale nel 2013, L’Elisir d’amore nel 2014, La Traviata nel 2015, Il Barbiere di Siviglia e La Serva Padrona nel 2016. Future produzioni lo vedranno impegnato ne La Cenerentola e Tosca. A dicembre 2016 dirigerà un concerto lirico sinfonico con la straordinaria partecipazione di Luciana Serra, presso il Teatro Sociale di Sondrio. Dal 2015 è assistente di Nicola Luisotti in produzioni operistiche nei maggiori teatri europei. Nell'autunno del 2018 sarà suo assistente nella produzione che vedrà in scena "Turandot" di Giacomo Puccini al Teatro Real di Madrid. Nel 2016 ha debuttato come direttore ospite dell'Orchestra ICO della Magna Grecia e l'Orchestra Regionale Filarmonia Veneta (in occasione del XXVIII concorso lirico internazionale "Iris Adami Corradetti"). Nel 2017 dirigerà l'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, l'Orchestra della Fondazione Arena di Verona, l'Orchestra Sinfonica di Grosseto, l'Orchestra Sinfonica di San Remo, l'Orchestra Malipiero di Mantova, l'Orchestra Camerata Vienna etc…

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Adriana Benignetti