mercoledì 10 agosto 2016

Claudio Orazi risponde ai sindacati

Il Sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari risponde con un comunicato alla note della sigla sindacale USB diffusa lo scorso 4 agosto 2016

Appare legittima la preoccupazione espressa dalla sigla sindacale USB in merito al provvedimento recentemente approvato in materia di riordino delle Fondazioni lirico-sinfoniche, ma le motivazioni addotte evidenziano una sterile analisi aziendale per costruire una critica arbitraria sulla gestione del Teatro Lirico di Cagliari. 


La programmazione artistica 2016, descritta come “punto debole”, è invece il punto di forza che il Consiglio d'Indirizzo e i vertici aziendali hanno saputo mettere in campo per consentire al Teatro Lirico di Cagliari di raggiungere i parametri di produttività, qualità e competitività degni di una Fondazione lirica  nazionale.

Basti ricordare che nel mese di dicembre 2015, all'insediamento dell'attuale direzione, il teatro non aveva programmato alcuna attività per il 2016 e poteva sprofondare nella catastrofe economico-finanziaria e nell'oblio nazionale. Nonostante la riduzione dei contributi, la gestione 2016 dimostra, con dati consultabili nel sito della Fondazione alla voce “amministrazione trasparente”, di poter raggiungere il pareggio di bilancio, ormai obbligo di legge, e di saper conseguire livelli di efficienza ineguagliati.

L'aumento degli incassi di biglietteria che nei primi sei mesi dell'anno ha già superato quelli registrati in tutto il 2015, dimostra che la sigla USB ha una percezione dell'azienda teatro del tutto personale. Anche la riduzione del costo del personale, rispetto all'aumento della produzione, evidenzia che i lavoratori della Fondazione hanno espresso un indice di produttività superiore al passato e tali valori saranno ancora più positivi con la nuova organizzazione del lavoro che ci si appresta ad affrontare nel mese di settembre.

Il Teatro Lirico di Cagliari che non ha chiesto gli aiuti di stato previsti dalla Legge Bray, che ha avviato attraverso la sua direzione processi di internazionalizzazione già verificabili (è il caso del debutto alla New York City Opera, nel marzo 2017, della produzione tutta cagliaritana de “La campana sommersa”), impostato un adeguamento funzionale interno, e vanta, in questa stagione, un numero di abbonati e presenze che, in rapporto al bacino demografico, rappresenta un primato nazionale, non offre certamente la percezione di un teatro in difficoltà come strumentalmente indicato dalla sigla USB.

Tale negativa visione procura un danno di immagine al Teatro e rischia di collocare le prospettive dei teatri d'opera in Italia in una perenne situazione di stallo.

La logica di una sola sigla fortunatamente non rischia di delegittimare la preoccupazione di tutti i lavoratori del settore.

Claudio Orazi


N.B. Per leggere la nota dell'USB del 4 agosto vai QUI