mercoledì 6 aprile 2016

Herbert Schuch per “Serate Musicali”

Lunedì 11 aprile alle ore 21.00, il pianista sarà protagonista, al Conservatorio “G. Verdi” di Milano, di un concerto per la Stagione Concertistica di “Serate Musicali”

Classe 1979, rumeno di nascita ma “tedesco d’adozione”, Herbert Schuch si è imposto sulla ribalta internazionale quando, in un solo anno, ha vinto tre importanti concorsi pianistici: il ‘Concorso Casagrande’, il ‘Concorso Pianistico Internazionale’ di Londra e il ‘Concorso Beethoven’ di Vienna. 


Da allora Herbert Schuch si è esibito con le più prestigiose orchestre internazionali e nei più importanti Festival, collaborando con musicisti e direttori di rilievo. Nel concerto di lunedì 11 aprile al Conservatorio di Milano, Schuch eseguirà musiche di Brahms, Bach/Busoni e Beethoven.

Sala Verdi del Conservatorio “G. Verdi”
Via Conservatorio 12, Milano

Lunedì 11 aprile ore 21.00

Pianista Herbert Schuch

J. BRAHMS
Quattro Ballate per pianoforte op. 10
n. 1 in re minore - Andante; n. 2 in re maggiore - Andante; n. 3 in si minore - Intermezzo. Allegro; n. 4 in si maggiore - Andante con moto

BACH/BUSONI
Corale in fa minore per organo “ Ich ruf' zu dir, Herr Jesu Christ” BWV 639
Corale in sol minore per organo “Nun komm der Heiden Heiland” BWV 659

L. v. BEETHOVEN
33 Variazioni per pianoforte in do maggiore op. 120 su un Valzer di Diabelli
0. Tema: Vivace 1. Alla Marcia maestoso 2. Poco Allegro 3. L’istesso tempo 4. Un poco più vivace 5. Allegro vivace 6. Allegro ma non troppo e serioso 7. Un poco più allegro 8. Poco vivace 9. Allegro pesante e risoluto 10. Presto 11. Allegretto 12. Un poco più moto 13. Vivace 14. Grave e maestoso 15. Presto Scherzando 16. Allegro 17. Allegro 18. Poco moderato 19. Presto 20. Andante 21. Allegro con brio – Meno allegro – Tempo primo 22. Allegro molto, alla ‘Notte e giorno faticar’ di Mozart 23. Allegro assai 24. Fughetta (Andante) 25. Allegro 26. (Piacevole) 27. Vivace 28. Allegro 29. Adagio ma non troppo 30. Andante, sempre cantabile 31. Largo, molto espressivo 32. Fuga: Allegro 33. Tempo di Minuetto moderato

Il programma della serata (tratto dal libretto di sala)

JOHANNES BRAHMS
Quattro Ballate per pianoforte op. 10
Le Quattro Ballate op. 10 compongono un ciclo unitario ispirato alla ballata popolare scozzese Edward, tradotta e divulgata in tedesco da F. Herder, autore al quale più volte Brahms avrebbe fatto ricorso nelle sue composizioni vocali. L'atteggiamento che Brahms assume davanti al soggetto letterario è però molto originale e si distingue in modo marcato sia dalle tendenze della cosiddetta "musica a programma", sia da quelle del semplice descrittivismo. Abbozzando un principio che avrebbe ulteriormente sviluppato nel suo lavoro successivo, Brahms concepisce il rapporto tra musica e testo poetico come un rapporto ermeneutico, di interpretazione: i versi o il soggetto narrato non devono cioè essere solamente accompagnati o rappresentati dalla musica, né solo sottolineati nel loro impatto emotivo; per Brahms, la musica deve piuttosto interagire con il linguaggio poetico e commentarlo, svolgendo nel suo autonomo disegno ciò che non viene detto nel testo letterario. Se questa impostazione è particolarmente riconoscibile nelle opere vocali della maturità di Brahms, nelle Quattro ballate op. 10 se ne ha un primo significativo esempio: la corrispondenza fra i singoli episodi musicali e gli eventi narrati dalla ballata popolare scozzese non serve a illustrare un contenuto, ma fornisce la base per l'esercizio interpretativo che la musica compie rielaborando liberamente singoli aspetti della vicenda. La Prima Ballata, in re minore, presenta una suddivisione in tre sezioni comune anche agli altri brani del ciclo. La prima parte si riferisce al drammatico dialogo di Edward con la madre; nonostante ogni suo passo sia associato dal compositore a una specifica serie di versi la musica procede in modo autonomo e si sofferma lungamente sulla caratterizzazione dell'ambiente nordico e del clima di leggenda dell'intero quadro. La seconda sezione commenta il parricidio commesso da Edward; Brahms adotta in questo caso una soluzione ritmica caratteristica (tre note contro due) e rende così più sensibile la distinzione fra il soggetto che partecipa all'azione e quello che la osserva. L'ultima parte contiene l'epilogo,la maledizione lanciata da Edward e il lamento della madre, un episodio che non compare nella versione herderiana della ballata e che mostra ancora una volta con quale libertà Brahms trattasse il testo poetico. Conclusa l'esposizione, Brahms ne svolge in modo più esteso l'interpretazione nelle ballate successive, concentrandosi ogni volta su differenti spunti di riflessione. La Seconda Ballata, in re maggiore, è costruita su cinque temi non sviluppati, distribuiti in una struttura ad arco caratteristica dello stile di Brahms. I toni fiabeschi e drammatici si alternano in una sequenza che sembra riferirsi al destino di Edward. La Terza Ballata, in si minore, ha l'aspetto di un intermezzo in forma di Scherzo drammatico, molto stilizzato. Da un lato essa alleggerisce la tensione accumulata in precedenza, dall'altra riporta la leggenda narrata a un'esemplarità quasi archetipica, mitologica. La Quarta Ballata, in si maggiore, ha un atteggiamento meditativo, ormai lontano dalla drammaticità della Prima, mentre la scrittura pianistica si prosciuga ulteriormente e sembra già proiettata verso lo stile delle ultime composizioni brahmsiane. Il senso della riflessione fin qui svolta è ora riportato a una meditazione privata, a un ripiegamento su di sé che Brahms suggerisce di percorrere con «intimissimo sentimento».

JOHANN SEBASTIAN BACH/FERRUCCIO BUSONI
Corale in fa minore per organo “ Ich ruf' zu dir, Herr Jesu Christ” BWV 639
Corale in sol minore per organo “Nun komm der Heiden Heiland” BWV 659
I due Corali bachiani che troviamo questa sera “Ich ruf’ zu dir, Herr Jesu Christ” BWV 639 e il celebre “Nun komm der Heiden Heiland” BWV 659 (dal Veni Redemptor Gentium) sono due piccoli esempi che fanno parte dell’immenso catalogo di trascrizioni, rielaborazioni e revisioni dell’opera di Bach, riuniti nella gigantesca Bach-Busoni Ausgabe (Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1890-1920). In lui il senso della continuità con la tradizione del passato si rivela imperioso quasi sempre, in special modo intorno alla figura di Bach. Nun komm, der Heiden Heiland BWV 659 è il nono dei diciassette Corali compresi nel cosiddetto Autografo di Lipsia, un fascicolo che Bach allestì negli ultimi anni della sua vita, probabilmente in vista di una pubblicazione. In esso sono raccolte, selezionate e rielabolate, diverse pagine da lui composte lungo gli anni, in una sorta di panoramica retrospettiva del suo lavoro di organista che risale fino alle composizioni degli anni di Weimar. Del corale Nun komm, der Heiden Heiland, destinato alla prima domenica dell'Avvento, vengono proposte in particolare tre elaborazioni: la BWV 659, «per due manuali e pedaliera», è la prima. La confezione del fascicolo non fu portata a termine, ma richiese comunque all'autore un lavoro piuttosto faticoso, se si pensa che Bach, che soffriva di una malattia agli occhi, dovette più volte delegare ad alcuni copisti la messa in pagina degli spartiti. L'impressione è che egli avesse dato all'insieme del progetto l'ordine di un ciclo, con quella sistematicità al tempo stesso logica e storica, basata cioè tanto sulla struttura interna delle composizioni, quanto sui loro valori simbolici e sul senso di un cammino tecnico ed espressivo che Bach ricostruiva a posteriori. Si trovano perciò in questa raccolta le acquisizioni più mature dell'arte organistica di Bach, con elaborazioni contrappuntistiche e una cura minuziosa dell'ornamentazione, ma insieme ad esse anche l'omaggio tributato ai suoi ideali maestri, la lezione dei quali viene amplificata in uno stile nuovo, spesso lontanissimo dai modelli di partenza. La prima versione di Nun komm, der Heiden Heiland è la più vicina alla semplice esposizione del corale. Bach segue da vicino la forma della melodia, divisa in quattro sezioni, e solo nell'ultima parte, che ripete il tema iniziale, si concede un'ornamentazione fiorita che ha di fatto lo scopo di chiudere la cadenza. Se lo stile adottato in questa versione è però quello della Fantasia, si comprende come il baricentro dell'elaborazione sia spostato da un lato verso l'accompagnamento, dall'altro verso la pedaliera, usata non solo come basso continuo, ma con una funzione espressiva innegabile. La regolarità dell'andamento, del tutto in linea con il carattere solenne del corale, viene dunque arricchita da gesti piccoli, ma di fondamentale importanza, i quali permettono di riconoscere la straordinaria capacità bachiana di agire in profondità con minimi spostamenti dell'asse strutturale.

LUDWIG VAN BEETHOVEN
33 Variazioni per pianoforte in do maggiore op. 120 su un Valzer di Diabelli

Nato nel 1781 nei pressi di Salisburgo e allievo di Michael Haydn, Diabelli fu apprezzato a Vienna come insegnante di pianoforte e chitarra. A partire dal 1818, per quasi trentacinque anni, si dedicò anche all'editoria musicale, prima in società con Pietro Cappi e poi in proprio, pubblicando soprattutto opere teoriche, didattiche e musiche di carattere leggero: Strauss, Lanner, ma anche molti Lieder e danze pianistiche di Franz Schubert, di cui nel 1851 realizzò il catalogo tematico delle opere. Intorno al 1819, all'inizio della sua attività editoriale in proprio, Diabelli ebbe un'idea singolare: compose un semplice valzer di sedici battute e lo inviò ai compositori e virtuosi di Vienna e degli Stati austriaci, pregando ciascuno di loro di scrivere una Variazione. L'operazione presentava vantaggi sia per l'editore che per il suo pubblico: Diabelli riusciva a stabilire un contatto con tutti i compositori di area tedesca dell'epoca, mentre gli appassionati di musica trovavano una raccolta di piccoli brani che compendiava gli stili di tutti quei compositori e, nello stesso tempo, un vero e proprio «dizionario alfabetico di tutti i nomi dei musicisti, in parte già da lungo tempo affermati, in parte ancora molto promettenti, della nostra magnifica epoca». L'iniziativa ebbe successo e in due o tre anni vi aderirono numerosi compositori. Diabelli ne scelse cinquantuno e il suo «dizionario alfabetico», pubblicato poi nel 1824, va da Ignaz Assmayer a Johann Hugo Worzischek, passando per Carl Czerny, Johann Nepomuk Hummel, Friedrich Kalkbrenner, Conradin Kreutzer, Ignaz Moscheles. La raccolta comprende anche i contributi di alcuni aristocratici dilettanti di musica, primo fra tutti l'Arciduca Rodolfo - allievo e amico di Beethoven - autore della Variazione n. 40 (una fuga!) e anche quelli di molti musicisti che oggi rappresentano per noi solamente delle curiosità, come Wolfgang Amadeus Mozart, figlio omonimo del grande Amadé. Ma accanto a questi troviamo nomi di ben altra importanza, come quelli di Franz Schubert e di Franz Liszt, sicuramente uno dei musicisti «molto promettenti» di cui parlava Diabelli, visto che scrisse la sua Variazione all'età di soli undici anni; ma, soprattutto, Diabelli riuscì a coinvolgere nella sua iniziativa quello che era universalmente riconosciuto come il più grande compositore vivente, Ludwig van Beethoven. Beethoven si era dedicato molte volte al genere del tema con variazioni fin dal 1782, quando, appena dodicenne, aveva composto e pubblicato le Nove Variazioni in do minore su una marcia di Dressler; delle diciannove serie di variazioni composte fra il 1782 e il 1809 bisogna ricordare almeno le 15 Variazioni e fuga su un tema del balletto Le Creature di Prometeo op. 35, del 1802, e le 32 Variazioni in do minore su un tema originale, del 1806. Oltre ad alcune altre serie di variazioni composte per vari organici cameristici, Beethoven aveva naturalmente fatto ricorso al genere del tema con variazioni anche in molti movimenti di sonate e sinfonie; ma negli ultimi anni della sua vita l'interesse per la tecnica della variazione era divenuto talmente preponderante da costituire, insieme alla scrittura di tipo contrappuntistico, il tratto più immediatamente caratterizzante della sua estrema stagione creativa. Tuttavia sembra che inizialmente Beethoven non fosse affatto intenzionato ad aderire all'invito di Diabelli e che trovasse troppo ripetitivo e meccanico il tema, da lui definito ironicamente «toppa del ciabattino»; molto presto però il compositore cambiò completamente parere. Già in una lettera a Simrock del febbraio del 1820, infatti, parla delle «grandi variazioni su un valzer tedesco», visto che ormai aveva deciso di inviare a Diabelli non una sola variazione ma un'intera serie. Secondo un recente studio di William Kinderman, Beethoven, partito con l'intenzione di comporre sei o sette variazioni, ne aveva già abbozzate ventitre nel corso del 1819; a questo punto, le accantonò per alcuni anni per dedicarsi alle ultime tre Sonate per pianoforte, alla Missa Solemnis e ad altri lavori, e le riprese solo nell'inverno 1822-23 completandole, ampliando il finale e aggiungendone addirittura dieci completamente nuove (le numero 1, 2, 15, 23-26, 28-29 e 31), realizzando così il suo lavoro pianistico più ampio e complesso. Le 33 Variazioni di Beethoven si rivelarono in effetti un'opera talmente monumentale da sganciarsi completamente dal progetto originario di Diabelli, che infatti nel giugno del 1823 le pubblicò separatamente - come op. 120 con dedica ad Antonie Brentano - con il titolo tedesco, gradito all'autore, di 33 Veränderungen uber einen Walzer für das Pianoforte. L'anno seguente poi, Diabelli diede finalmente alle stampe il suo «dizionario alfabetico», articolato in due volumi e intitolato Vaterländischer Künstlerverein (Circolo patrio degli artisti), ripresentando le Variazioni beethoveniane a fianco di quelle di altri cinquanta compositori. Come ha osservato Giovanni Carli Ballola, «fu attraverso la schematicità del tema proposto, che a Beethoven riuscì di creare quella che possiamo francamente definire come la sua summa teologica dell'arte della variazione. Egli lesse il valzer mettendone a nudo l'impalcatura, consistente in uno schema metrico di 16 più 16 battute, preceduto da anacrusi, e in un giro armonico fondato sull'alternanza di tonica (do) e dominante (sol), con elementari progressioni modulanti». Di volta in volta il ritmo ternario, l'anacrusi dell'inizio, gli accordi ribattuti, gli intervalli e i semplici giri armonici, vengono enfatizzati o ricondotti al grado zero con una gradazione e un'intenzione sempre diverse, in modo che ciascuna variazione viene ad assumere un suo aspetto particolare; ma proprio perché investono la struttura del tema e non semplicemente la sua melodia, per il fatto di essere delle «variazioni strutturali» - come le ha definite Riezler - le Variazioni beethoveniane conservano sempre, pur nel loro continuo ed eterogeneo divenire, una straordinaria coesione interna. Anche quando sembra perdersi completamente ogni legame con il Valzer di partenza - come nel caso emblematico della Variazione n. 22 («alla "Notte e giorno faticar" di Mozart») che citando letteralmente l'incipit della celebre sortita di Leporello nel Don Giovanni mozartiano sembra essere costruita su un tema del tutto diverso - è ancora una volta la struttura, «l'impalcatura» a essere parafrasata e a garantire il legame con il tema di partenza, al dì là del divertente aneddoto riferito da Czerny, secondo cui Beethoven avrebbe utilizzato questo tema per protestare scherzosamente contro le pressioni di Diabelli, affinché completasse al più presto il lavoro, i due motivi sono accomunati dal fatto di presentare all'inizio un intervallo di quarta discendente seguito subito dopo da uno di quinta discendente. 

Herbert Schuch è nato a Timisoara, in Romania, nel 1979. Dopo aver iniziato gli studi di pianoforte nella sua città natale, nel 1988 si è trasferito con la sua famiglia in Germania, dove attualmente risiede. Ha successivamente proseguito gli studi sotto la guida di Kurt Hantsch e di Karl-Heinz Kämmerling presso il Mozarteum di Salisburgo. I recenti incontri e le collaborazioni con Alfred Brendel hanno molto influenzato la sua attività artistica. Herbert Schuch si è affermato sulla ribalta internazionale vincendo, nel giro di un solo anno, tre importanti concorsi pianistici: il ‘Concorso Casagrande’, il ‘Concorso Pianistico Internazionale’ di Londra e il ‘Concorso Beethoven’ di Vienna. Da allora Herbert Schuch si è esibito con le più prestigiose orchestre del mondo tra cui l’Orchestra Filarmonica di Londra, l’Orchestra Sinfonica NHK, la Camerata Salzburg, la Residentie Orkest Den Haag, i Bamberger Symphoniker, le Orchestre Sinfoniche delle Radio MDR, WDR e NDR di Hannover e DR (Radio Danese). Herbert Schuch è inoltre ospite regolare di prestigiosi festival quali il Kissinger Sommer, il Festival Musicale di Rheingau, il Festival Pianistico della Rhur e il Festival di Salisburgo. Collabora anche con direttori d’orchestra del calibro di Pierre Boulez, Andrey Boreyko, Douglas Boyd, Olari Elts, Lawrence Foster, Eivind Gullberg Jensen, Jakub Hrusa, Yannick Nézet-Séguin, Jonathan Nott, Markus Poschner e Michael Sanderling.  La stagione 2013/2014 di Herbert Schuch prevede l’esecuzione in recital di sei diversi programmi comprendenti opere di Franz Schubert e Leoš Janáček, che lo porteranno a esibirsi in prestigiose sale concertistiche, tra cui il Mozarteum di Salisburgo. Inoltre, nel settembre del 2013 è stato pubblicato il suo ultimo Album che comprende opere proprio di Schubert e Janáček. Quest’ultima registrazione, la settima realizzata per l’etichetta discografica OehmsClassics dimostra ancora una volta quanto Herbert Schuch si sia dedicato con grande passione ai compositori che più ama. Infatti, Schumann, Ravel e Schubert sono i protagonisti delle incisioni Nachtstücke e Sehnsuchtswalzer, mentre in altre registrazioni si trovano componimenti di Holliger e Lachenmann. Nel novembre del 2012 è stato pubblicato un CD con il Terzo Concerto per pianoforte di Beethoven insieme al Concerto per pianoforte di Viktor Ullmann eseguiti con l’Orchestra Sinfonica WDR diretta da Olari Elts. Per questa registrazione Herbert Schuch ha ricevuto un riconoscimento ECHO Klassik nel 2013 nella categoria ‘Registrazione dell’Anno-Concerto (Musiche del XX e XXI secolo)’. Nel 2012 Herbert Schuch aveva già ricevuto un premio ECHO Klassik nella sezione ‘Miglior Incisione dell’Anno di Musica da Camera’ per il CD con i Quintetti per pianoforte ed archi di Beethoven e Mozart. Oltre a essere impegnato nella sua attività concertistica, Herbert Schuch ha a lungo profuso grande impegno nell’organizzazione “Rhapsody in School”, progetto fondato da Lars Vogt e volto alla diffusione della musica classica nelle scuole.


Adriana Benignetti