lunedì 3 novembre 2014

Nasce al Memus il Fondo Alfano-Maione

È stato istituito a Napoli, nell’ambito del patrimonio documentale di MeMus – Museo e Archivio storico del Teatro di San Carlo, il Fondo Alfano-Maione



Una serie di foto, documenti, partiture e carteggi che testimoniano il felice rapporto tra il celebre compositore napoletano Franco Alfano (Napoli, 8 marzo 1876 – Sanremo, 26 ottobre 1954) e Rino Maione (Airola, Benevento, 16 ottobre 1829 – Formia, 22 maggio 2012), musicologo e direttore d’orchestra sannita: è questo il Fondo Alfano-Maione, istituito presso Memus – Museo e Archivio storico del Teatro di San Carlo di Napoli. Il Fondo nasce grazie a una donazione degli eredi di Rino Maione: i figli Orazio e Renata.


Ed è proprio quest’ultima a spiegare, nel testo che segue, il senso e gli obiettivi dell’istituzione di questo Fondo.

(Testo di Renata Maione)

Lo spirito che ha determinato la costituzione del Fondo Alfano-Maione è quello di preservare nel tempo documenti e musiche dei due artisti con l’augurio, e la speranza, che da questo possano prendere l’avvio ricerche sistematiche e approfondite del materiale in esso conservato. Il Fondo è costituito da oltre 130 documenti tra carteggi, manoscritti e edizioni musicali, fotografie, programmi di sala, rassegna stampa e registrazioni sonore che consentono di tratteggiare il profilo del mondo musicale di un trentennio del ‘900, fino alla scomparsa del M° Alfano avvenuta il 27 ottobre del 1954, attraverso la cronaca spesso salace e sempre arguta che l’allora già famoso musicista ne fa nel suo epistolario con le personalità più illustri del mondo musicale del tempo: Tullio Serafin, Ildebrando Pizzetti, Umberto Giordano, Gian Francesco Malipiero, Arthur Honegger, Riccardo Zandonai. Tra le altre una lettera del 1949 all’allora Sovrintendente del Teatro San Carlo, Pasquale Di Costanzo, in cui, in merito a una possibile rappresentazione nel Massimo partenopeo dell’opera Madonna Imperia, il compositore parla di “camorra viennese” facendo riferimento alla Casa Editrice Universal con cui aveva firmato un contratto.

In questi scritti affiora l’amarezza di un uomo retto che si trova di fronte a clientelismi e favoritismi di un ambiente musicale che “più che all’arte bada al guadagno”. Quasi tutte le lettere sono autografe, poche in copia, alcune in francese, lingua che Alfano parlava e scriveva correntemente grazie al suo lungo soggiorno parigino: lo stile è scorrevole, discorsivo, talora ricco di battute che rivelano l’origine napoletana del compositore. Il tono, pur sempre brillante e spiritoso, nelle lettere alla moglie Marta e alla figlia adottiva Nina si permea di una indicibile dolcezza, è ricco di premura, intimo, dettagliato nei racconti quasi a voler annullare la distanza geografica che, spesso, da loro lo separava.

Anche nelle lettere indirizzate a Rino Maione il tono è affettuoso, si direbbe quasi paterno: manifesta sentimenti di stima e apprezzamento per l’attività artistica del giovane musicista; condivide con lui giudizi su esponenti del mondo musicale esprimendo la sua visione lucida e disincantata: “Gli operisti, anche i più dotati, finiranno per scoraggiarsi... scriveranno musiche per films [sic] o peggio: scriveranno canzoni”; chiede collaborazione quando, nell’incendio della sua casa di Torino, va distrutta tutta la sua rassegna stampa. Accorato e quasi profetico il tono della lettera del 7 giugno 1953 in cui, pur rallegrandosi per gli impegni artistici che portavano in America Rino Maione, scrive “se non tornaste presto, non vi rivedrei più…” (qui Alfano fa riferimento a Rino e alla moglie Anna Maria Pennella, celebre pianista, che con lui partiva).

E Rino Maione ha ricambiato tale affetto con un sentimento di ammirazione e stima che non si è affievolito nel corso di tutta la sua lunga vita: a partire dagli anni ’60, di ritorno dal lungo e fortunato soggiorno in Colombia, si è speso perché l’artista e l’uomo Franco Alfano venisse ricordato e riconosciuto. Ancora negli ultimi anni ha continuato a scrivere di lui, a chiedere agli Enti Lirici di riproporre le opere di quello che Paolo Isotta definisce “…insieme con Respighi il più grande compositore lirico del Novecento” (Corriere della Sera, 11 gennaio 2005).

A Rino Maione si deve la curatela dell’unica monografia contemporanea Franco Alfano. Presagio di tempi nuovi con finale controcorrente, edita da Rugginenti, in cui egli stesso tratta “La Lirica vocale da camera”. Nel 1960 e nel 1975 ha diretto l’orchestra della RAI di Torino effettuando due registrazioni di brani del M° Alfano; ha “corteggiato” a lungo il soprano Magda Olivero, protagonista della Sakùntala romana del 1940 diretta da Tullio Serafin, per poter continuare con lei a eseguire e promuovere lo splendido repertorio di liriche del musicista nato a Posillipo.

Spesso Maione si recava a Sanremo per incontrare la signora Nina: ella era fonte inesauribile di notizie e le loro chiacchierate avevano, naturalmente, come argomento unico e amato il Maestro. Molto del materiale che costituisce il Fondo Alfano-Maione proviene da questi incontri; la signora Nina stimava molto il musicista napoletano e, soprattutto, ammirava l’affetto e la dedizione che questi, a distanza di tanti anni, nutriva e manifestava nei confronti di suo padre. Ancora una volta profetico Alfano scriveva nella lettera del 25 maggio 1953 indirizzata a Rino Maione: “Vedrai che sarai il supremo conoscitore della mia schietta arte”.

Tra le molte partiture di musiche orchestrali e spartiti di opere comprese nel Fondo vi è anche il manoscritto autografo di Alfano della lirica Al chiaro della mattina, su testo di F. De Lupis, che fa parte delle Sei Liriche op.3 e rece in calce questa frase:
S. Remo 6 sett. ’46                                 
nota per me = Quarantasette anni fa, al 6 settembre ero moribondo = Oggi scrivo musica…….ancòra!!!....
                                                                                                                 FA 



Adriana Benignetti