martedì 12 febbraio 2013

A colloquio con… John Axelrod

«Bisognerebbe ripensare alla relazione con il pubblico, ridargli centralità rendendolo nuovamente parte attiva dell’esperienza musicale. È la musica a dover essere al servizio del pubblico e non viceversa»


(Foto di Daniel Vass)
Oggi John Axelrod, texano classe 1966, è uno dei direttori più apprezzati e presenti sulla scena internazionale: solamente negli ultimi 12 anni è salito sul podio delle più importanti sale di tutto il mondo, ha diretto più di 130 orchestre, tra le più rinomate, e ha ricevuto incarichi prestigiosi. Dopo essere stato per 10 anni Primo Direttore Ospite della Sinfonietta Cracovia (2000-2010) e, per 5 anni, Direttore Principale e Musicale della Luzerner Sinfonieorchester (2004-2009), nel 2009 è stato nominato Direttore Musicale di “Hollywood in Vienna”, nel 2010 Direttore Musicale dell’Orchestre National des Pays de la Loire e nel 2011 Direttore Principale dell’Orchestra Sinfonica “G. Verdi” di Milano. 



Un curriculum che appare ancora più sorprendente se si osserva la storia nel suo complesso; perché il percorso umano ma soprattutto artistico, di John Axelrod ha davvero poco, o nulla, in comune con quello di tanti suoi illustri colleghi. Pur dotato di un talento precocissimo, il suo debutto come direttore d’orchestra è, infatti, avvenuto relativamente tardi. «Un bene per me, perché nel frattempo ho fatto tante esperienze diverse e ho conosciuto moltissima gente».

(Foto di Daniel Vass)
Del resto, mi spiega, il talento è importante certo, ma per essere un buon direttore la maturità e l’esperienza, non solo musicale ma anche di vita, sono fondamentali: per comprendere meglio quello che c’è dietro le note, innanzi tutto. Ma non solo. «Dirigere è un atto d’amore ma anche una sfida. Quello che s’instaura tra il direttore d’orchestra e i musicisti è, prima di tutto, un rapporto umano: un legame che, proprio come le relazioni d’amore, necessita di una profonda e intima fiducia reciproca. Il direttore deve essere anche un bravo psicologo, avere attenzione e rispetto per le idee e la sensibilità dei musicisti, ma anche guidarli nel migliore dei modi. Un equilibrio delicato, non sempre facile da ottenere: è necessario avere molta cura, parlare, ma soprattutto trasmettere amore per quello che si fa e per la musica. Solo così si possono ispirare i musicisti e far sì che essi diano il meglio».

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Adriana Benignetti