domenica 6 gennaio 2013

Contemporaneo… senza tempo: “Roméo et Juliette” di Sasha Waltz


«In Roméo et Juliette ho cercato di sviluppare un linguaggio astratto che traduca nel modo più pertinente possibile il contenuto emozionale della Symphonie dramatique di Hector Berlioz: il simbolo dell’amore, l’intrecciata relazione tra passione e morte, ma anche la solitudine di fronte alle scelte individuali, il peso delle differenze nella società». Sasha Waltz (da Romanticismo e astrazione: “Roméo et Juliette” secondo Sasha Waltz nel Programma di sala del Teatro alla Scala)


«Questo lavoro non è un’opera da concerto, né una cantata, ma una Sinfonia con cori. Anche se il canto figura sin dall’inizio, esso deve preparare l’animo dell’ascoltatore alle scene drammatiche in cui i sentimenti e le passioni sono espresse dall’orchestra. Ciò inoltre serve per introdurre un po’ alla volta nello sviluppo musicale le masse corali, la cui improvvisa apparizione potrebbe nuocere all’unità della composizione. Così il prologo, sull’esempio di quello del dramma shakespeariano, vede il coro esporre l’azione e cantare a più voci. Più lontano (fuori dalla scena) si ascolta il coro maschile dei Capuleti; poi nella cerimonia funebre il coro maschile e femminile dei Capuleti. All’inizio del finale si ascoltano i due cori completi dei Capuleti e dei Montecchi, insieme a padre Lorenzo; poi tutti e tre i cori». Hector Berlioz (da Mémoires, Prefazione di Hector Berlioz a Romèo et Juliette)

Due pedane oblique bianche che si stagliano sullo sfondo nero: è questo che appare all’aprirsi del sipario su Romèo et Juliette di Sasha Waltz, spettacolo creato nel 2007 per l’Opera di Parigi e adesso in Scala, in prima italiana, a inaugurare la Stagione 2012/2013 del Balletto.

Una scenografia essenziale, ma allo stesso tempo densa di significati, che partecipa attivamente allo svolgersi della vicenda: le due pedane, infatti, a poco a poco si apriranno, come una conchiglia, fino a diventare un’unica superficie su tutta la profondità del palco.

Petra Conti ed Eris Nezha
Una scena – creata da Pia Maier Schriever, Thomas Schenk e dalla stessa Waltz – che “vive” e che diventa balcone, dirupo scivoloso, cappella per le nozze clandestine, tomba e piazza; obliqua, a dare il senso del pericolo, proprio come pericoloso può essere l’amore; bianca su uno sfondo nero, a simboleggiare il contrasto.

Perché è proprio il contrasto l’elemento cardine messo in rilievo dalla Waltz; contrasto tra le due famiglie, in primis – che a loro volta sono identificate con costumi bianchi (per i Capuleti) e neri (per i Montecchi) – ; ma anche contrasto tra forte emozioni. Amore e morte, passione e sofferenza, desiderio e nostalgia, unione e solitudine.

Un lavoro, quello della coreografa tedesca classe 1963, che definire semplicemente balletto sarebbe riduttivo: lei stessa lo definisce “opera corale”. Danza, musica, testo: tutto si fonde in quest’interessantissima rilettura del capolavoro di Shaskespeare fatta dalla Waltz partendo dalla Symphonie dramatique di Berlioz.

Una lettura che spoglia la storia d’amore tra i due giovani da ogni connotazione di tempo e di spazio definiti, trasportandola in una dimensione atemporale, e che si concentra sull’essenziale del dramma, conservando, della storia originaria, solamente 3 personaggi principali: Roméo, Juliette e Père Laurence.

Allo stesso tempo, però, una lettura che rende tutti protagonisti: il Corpo di Ballo, chiamato a un difficilissimo lavoro tecnico, espressivo ed emotivo e che, nonostante poco avvezzo al linguaggio contemporaneo, ha dato di sé una prova eccellente; il Coro, preparato magnificamente da Bruno Casoni, che sale sulla scena e interagisce con i ballerini; l’Orchestra, mirabilmente diretta da James Conlon che dà una lettura profonda e attenta a ogni dettaglio della partitura di Berlioz.

Ekaterina Semenchuk
Leonardo Cortellazzi










Protagonisti anche i cantanti solisti: il raffinato mezzosoprano Ekaterina Semenchuk, che con un elegante abito di raso bianco, si muove con lentezza sulla scena; il bravissimo tenore Leonardo Cortellazzi, chiamato a interpretare, anche coreograficamente, la storia della fata Mab; infine, il basso Nicolas Cavallier (in scena a torso nudo con un pantalone nero di raso), davvero incantevole nel recitativo e nell’aria di Père Laurence.

Nicolas Cavallier (in questa foto con Mick Zeni)










I 3 protagonisti, Roméo, Juliette e Père Laurence, sono interpretati, nella replica del 4 gennaio, rispettivamente da Eris Nezha, Petra Conti e Alessandro Grillo: prova brillantissima per tutti e tre.

Eris NezhaPetra Conti
Eris Nezha è un Roméo estremamente convincente e risulta perfettamente a suo agio nei gesti fluidi e astratti che il linguaggio della Waltz richiede: bellissimo il suo solo di quasi 5 minuti, senza musica, in cui disperatamente cerca di scalare la seconda piattaforma, nel frattempo rialzatasi. Petra Conti è una graziosissima Juliette dalla grande forza espressiva: bravissima nel finale quando l’inchiostro nero – che rappresenta la pozione che crea la morte apparente – le scivola sul volto, e quando, protagonista di una serie di lift, danza mentre ormai è creduta morta. Bellissima la scena, dove i due interpretano uno struggente pas de deux, con Roméo avvelenato ma non ancora morto e Juliette appena ripresa dalla finta morte.

Alessandro Grillo


Bravissimo anche Alessandro Grillo, un perfetto Père Laurence, che dà il meglio di sé nel finale quando la Waltz, in una duplicazione del personaggio, crea una perfetta sintonia tra il ballerino e il basso Nicolas Cavallier.

Da evidenziare, infine, il bel lavoro del costumista Bernd Skodzig: i costumi sono, semplicemente, bianchi e neri, ma grazie ai materiali, ora fluidi e morbidi, ora rigidi e spessi, Skodzig sottolinea perfettamente non solo l’idea del contrasto ma anche i diversi stati emotivi.

Una prima assoluta per il pubblico della Scala, piena in ogni settore, che ha apprezzato con lunghissimi applausi il lavoro di Sasha Waltz e la splendida interpretazione di tutti gli artisti del Teatro.

N.B. Tutte le foto sono di Rudy Amisano ©Teatro alla Scala

Adriana Benignetti