mercoledì 14 novembre 2012

Incontro ravvicinato con... Maurizio Baglini e il "suo" Schumann

«Credo sia arrivato il tempo di restituire giustizia storica a un genio immenso»


Il 30 ottobre scorso è stato pubblicato, per l’etichetta Decca, il cd Carnaval, interamente dedicato a Schumann (Carnaval op. 9, Faschingsschwank aus Wien op. 26, Abegg Variationen op. 1 e Papillons op. 2). Interprete, il pianista pisano Maurizio Baglini, classe 1975, tra i musicisti più brillanti e apprezzati sulla scena internazionale con, all’attivo, oltre 1200 concerti come solista e 900 di musica da camera in sedi prestigiose, tra le quali la Salle Gaveau di Parigi, la Cappella Paolina del Quirinale o il Kennedy Center di Washington. 

Con il Carnevale di Vienna hai vinto un pianoforte a coda al Concorso Clementi nel 1989, mentre con il Carnaval op. 9 hai tenuto il tuo debutto concertistico in Germania: brani, dunque, che hai da diversi anni in repertorio e ai quali sei anche affettivamente legato. Perché hai aspettato fino a oggi per inciderli? Spesso un artista dice che tali attese sono frutto di un’esigenza di maturazione: più pragmaticamente, nel mio caso, posso dire che per molti anni ho beneficiato – ma, ahimè, anche sofferto! – dell’etichetta di virtuoso e, quindi, i miei progetti sono andati nella direzione di programmi “estremi”, tra i quali ad esempio la Nona Sinfonia di Beethoven/Liszt [dal 2008 Baglini promuove il progetto “Inno alla gioia”, eseguendo in tutta Europa la Nona Sinfonia di Beethoven nella trascendentale trascrizione per pianoforte di Liszt, che ha registrato anche su cd: la prossima esecuzione avverrà al Conservatorio di Milano il 28 novembre 2012, n.d.r.], tutti gli Studi di Chopin e di Liszt. Ottenuto poi un certo margine di successo, suggellato anche da un’intensa attività cameristica, ho finalmente trovato lo spazio discografico per esprimere anche contenuti – attraverso Schumann – di maggior spessore intellettuale ed emotivo. Spero di esserci riuscito e mi auguro di essere ascoltato in questo cd senza pregiudizi!



Dalla prima volta che hai affrontato questi brani a oggi è cambiato il tuo approccio? E se sì in che modo? Direi che è un processo inevitabile: sono cambiati, concretamente parlando, gli stacchi metronomici, l’escursione dinamica, l’agogica – rallentandi, accelerandi vari – ma, soprattutto, sono cambiato io e la mia visione della società e dell’esigenza di diffusione culturale. Schumann scrisse il Carnaval, ad esempio, come attacco frontale della “Lega dei Fratelli di David” contro i “Filistei”: ovvero, un attacco del nuovo humus intellettuale contro i reazionari accademici. Un ragazzo di 14 anni non ha gli elementi di vissuto sufficienti a capire la sofferenza di un genio come Schumann e il tentativo di rivalsa nei confronti di un’ottusità pregressa. Un uomo con esperienze di vita importanti, successi, delusioni, crisi e riprese di creatività è certamente più propositivo, in quanto interprete, davanti a problemi di comunicazione emotiva di tanto spessore. Oggi cerco di preoccuparmi di piacere al pubblico, di farlo riflettere e appassionare ai contenuti che posso esprimere attraverso l’opera di un genio come Schumann, parlando di questo caso specifico: quindici o venti anni fa ero molto più preoccupato di compiacere il mio insegnante, gli accademici in genere e mi preoccupavo troppo poco di trasmettere delle emozioni pure e semplici agli ascoltatori più “generici”.

Con il designer Giuseppe Andrea L’Abbate hai realizzato un progetto multimediale che è una libera trasposizione in chiave contemporanea dei temi del Carnaval. Ci parli di questo progettoOggi il concertismo deve necessariamente, a mio avviso, offrire un incontro vero e proprio fra le varie discipline artistiche: la grafica multimediale fatta a questo livello è una forma d’arte paragonabile a quella dei grandi pittori. Perché non dare quindi al pubblico l’occasione di scoprire meglio le varie sfaccettature di un pezzo tanto complesso ed enigmatico quale il Carnaval di Schumann? [n.d.r. QUI il progetto completo]


Ti sei “ispirato” a qualche registrazione storica per questi brani? Punti di riferimento importanti sono stati: Alfred Cortot e Sergej Rachmaninoff per il Carnaval op. 9 oltre ad Arturo Benedetti Michelangeli (live a Londra, 1960); per Papillons, invece, Svjatoslav Richter, ma solo dopo aver già suonato in pubblico il pezzo; per le Abegg Variationen, un pezzo Biedermeier vero e proprio, ho ascoltato moltissimo la musica di Johann Nepomuk Hummel. Tuttavia, cerco sempre, anche a costo di esser tacciato di “artificiosità”, una mia individualità: la crisi di pubblico e del concertismo è causata, a mio avviso, anche dalla standardizzazione interpretativa sviluppatasi dagli Anni ‘70 a oggi.

La registrazione del CD è stata effettuata nella Sala degli Arazzi del Museo di Palazzo Reale a Pisa (sede della Soprintendenza ai Beni Culturali) ed è, tra l’altro, la prima registrazione effettuata qui. A cosa è dovuta la scelta di questa Sala? Tale scelta è stata dettata da più fattori: in primis, pochi anni fa ho acquistato un pianoforte grancoda Fazioli, quello utilizzato in tutti i miei cd più recenti [compreso questo di cui stiamo parlando, n.d.r.], e ho deciso di farlo “maturare” in un luogo che ne garantisse la conservazione perfetta, ossia un museo. Fino al maggio 2013 ci saranno molti appuntamenti di lezioni-concerto aperti alla città, resi possibili proprio dal fatto che il pianoforte è lì. In secondo luogo, da pisano (anche se, ormai, bolognese di adozione) ho deciso di dedicare una registrazione importante alla mia città. Oltre a ciò, il museo, con la splendida Sala degli Arazzi, garantisce uno charme che ispira la creatività interpretativa: un segnale importante per spostare la musica da luoghi tradizionali, seppur bellissimi (come i teatri o un qualsiasi auditorium) a luoghi alternativi.

Perché fare una registrazione “live” e non in studio? La Sala degli Arazzi, come detto, viene utilizzata per dei concerti e delle performance artistiche vere e proprie, solo da quando vi ho portato il mio strumento: di conseguenza, ho voluto dedicare una giornata di apertura al pubblico per suggellare questa mia esperienza da “pioniere” su Pisa. Il cd, quindi, è frutto di un filage esecutivo vero e proprio: detto questo, sappiamo tutti quanto siano elevati gli standard qualitativi  richiesti dalle case discografiche in merito a un’esigenza di “perfezione acustica”. Sono stati, quindi, necessari alcuni interventi acustici.




La registrazione è avvenuta in una sola giornata o sono stati necessari più giorni? Abbiamo dovuto trascorrere un giorno supplementare in loco con i tecnici per eliminare i rumori del traffico cittadino, delle rondini e dei colpi di tosse o altri piccoli elementi che potessero causare disturbo. La matrice rimane comunque un live vero e proprio anche se lo standard deve rimanere quello di una documentazione storica dell'interprete. Registrare dal vivo mi piace molto, ma per lasciare la registrazione “pura” di ciò che è stato fatto ed eseguito in quel preciso momento, ci si deve orientare verso una pubblicazione estemporanea e non verso una produzione discografica. È un po’ come recitare in prosa in teatro o recitare per una telecamera, di fatto.


Le 4 composizioni scelte sono molto diverse tra loro ma, allo stesso tempo, presentano molti tratti in comune sia nei temi (la festa, la danza, il carnevale) sia in alcuni procedimenti tecnici (come la corrispondenza tra lettere dell’alfabeto e note musicali secondo la denominazione tedesca, nelle Variazioni Abegg, nel Carnaval op. 9 e nel Carnevale di Vienna) sia nell’utilizzo di una serie di citazioni, messaggi cifrati, riferimenti a episodi, sentimenti e persone reali della vita del compositore. Su Papillons op. 2 lo stesso Schumann scrisse: ««Avrei molto da dir(Le) sul soggetto dei Papillons se Jean Paul non avesse spiegato queste cose meglio di me. Legga perciò le ultime pagine dei Flegeljahre […] Il filo che collega questi Papillons è difficile da comprendere se l'esecutore non sa che sono nati da questa lettura». Una musica, dunque, estremamente difficile non solo tecnicamente ma anche e soprattutto per la ricchezza poetica e i significati profondi sottesi.  Secondo te è questa difficoltà extra-musicale il motivo per cui le pagine di Schumann sono meno presenti nei programmi rispetto ad altri compositori suoi contemporanei? Nel 2010 ricorrevano gli anniversari di nascita sia di Chopin sia di Schumann: sappiamo tutti quanto sia commovente e coinvolgente la musica di Chopin, ma ciò non giustifica il fatto che Schumann sia stato messo decisamente in secondo piano nelle celebrazioni. Robert Schumann era anche un filosofo, a tutti gli effetti: ha scritto molto, anche in termini di saggistica e tutto questo contribuisce a rendere la sua figura “difficile”, o almeno di difficile accesso al pubblico, persino quello degli addetti ai lavori. Basti pensare che in una recente ricerca celebrativa fatta in Germania, per annoverare i 200 nomi più illustri della cultura e dell’arte tedesca, Robert Schumann non compariva! La sua musica, sicuramente, non è così “diretta” quanto quella di Liszt o Chopin: credo, però, che sia arrivato il tempo di restituire giustizia storica a un genio immenso.

Adriana Benignetti