domenica 18 novembre 2012

Incontro ravvicinato con… I Musici

«Il passato costituisce, per noi, una solida radice su cui far crescere un albero robusto. Non abbiamo paura di difenderlo, ma sappiamo anche protenderci verso nuove esperienze»



Pionieri nell’esecuzione della musica italiana del Settecento, con la prima incisione in assoluto de Le Quattro Stagioni di Vivaldi (primo disco di musica classica della Philips, 1963, che ha venduto, nelle varie edizioni oltre 25 milioni di copie ricevendo il disco di Platino con Diamante), I Musici sono il gruppo da camera più longevo in assoluto. 60 anni di attività e una serie di importanti record li caratterizzano: hanno girato il primo film-video musicale classico negli anni ’70 e portato il nome di Roma, dell’Italia e della musica italiana nel mondo, spaziando con il loro repertorio dal Settecento alla musica contemporanea; molti compositori (tra i quali Nino Rota, Ennio Porrino, Valentino Bucchi, Louis Bacalov ed Ennio Morricone) hanno composto espressamente per loro. 




Di altissimo livello i musicisti che ne hanno fatto parte: Franco Tamponi, Felix Ayo, Roberto Michelucci, Salvatore Accardo, Pina Carmirelli, Federico Agostini, Mariana Sirbu, Antonio Salvatore, Arnaldo Apostoli, Italo Colandrea, Anna Maria Cotogni, Walter Gallozzi, Luciano Vicari, Dino Asciolla, Aldo Bennici, Paolo Centurioni, Carmen Franco, Alfonso Ghedin, Bruno Giuranna, Enzo Altobelli, Mario Centurione, Francesco Strano, Lucio Buccarella, Maria Teresa Garatti, Aldo D'Amico, Antonio de Secondi, Paolo Ghidoni, Stefano Morgione, Marcello Panni, Antonio Perez Ruiz, Roberto Sensi. 

Negli anni, il gruppo ha saputo rigenerarsi e rinnovarsi, grazie alla fusione tra l’esperienza dei componenti più anziani e l’energia dei più giovani: ma… 
Chi sono oggi I Musici? Cosa è rimasto di quei 12 ragazzi che “impressionarono” anche Arturo Toscanini (“Ho sentito dodici ragazzi… bravi, bravissimi: no, non muore la musica!)? 

L’ho chiesto a Francesco Buccarella, clavicembalista de I Musici che il prossimo 20 novembre saranno ospiti della Società del Quartetto di Milano. 


Era il 1951 quando 12 ragazzi, da poco diplomati, decidono di unirsi per fare musica e “dare un senso compiuto alla loro passione”: pochi mesi dopo, il 30 marzo 1952 il debutto a Santa Cecilia salutato con un grandissimo successo di critica e di pubblico. Sono passati 60 anni da allora e I Musici sono il più longevo ensemble: che effetto fa? È sicuramente un grande onore far parte di un’entità così prestigiosa: questo è quanto mi viene da dire, così di primo acchito, come componente. Un onore e una grande responsabilità. L’affetto con cui siamo accolti in ogni parte del mondo ci fa percepire quanto di buono sia stato fatto in questi 60 anni dai nostri predecessori: si ha la sensazione che si sia creato quasi un legame indissolubile con il pubblico che, però, nel tempo è cambiato, così come noi stessi. Una sorta di magia temporale: affascinante ma, come dicevo prima, anche una grande responsabilità. Essere all’altezza di chi ci ha preceduto non è facile perché le aspettative sono sempre molto alte. Da parte nostra ce la mettiamo tutta e speriamo che fra altri 60 anni ci sia ancora qualcuno che risponderà a queste domande al posto nostro.

Negli anni la formazione si è rigenerata: come siete riusciti a conciliare l’esperienza dei componenti più anziani con l’energia dei più giovani? I giovani che hanno via via sostituito i membri più anziani che si ritiravano dal gruppo hanno sempre avuto un grande rispetto per la storia del gruppo di cui andavano a far parte. Questo, unito al fatto che gli anziani hanno sempre avuto una grande spinta a guardare in avanti, ha creato un legame positivo fra esperienza e novità. Da un lato, gli anziani hanno saputo instillare nei giovani lo spirito di collaborazione insito nel gruppo; dall’altro, i giovani hanno saputo stimolare con la loro naturale spinta all’innovazione l’interesse dei più attempati. Una sorta di osmosi di informazioni e sentimenti che fino a oggi, devo dire, non ci ha mai tradito.


I fondatori de I Musici si sono un po’ alla volta ritirati: cosa è rimasto della formazione iniziale? Chi sono oggi I Musici? Quello che mi auguro non cambi mai nel nostro complesso è la passione e l’amore per la musica. Nell’arco di questi anni potete bene immaginare come molti musicisti si siano alternati all’interno del gruppo: nel 2007 l’ultimo dei fondatori, Lucio Buccarella, ha lasciato il gruppo, creando all’inizio quasi un senso di smarrimento da mancanza di punti di riferimenti. È stata, forse, la prova più dura da superare anche per convincere pubblico e manager che, pur non essendo più gli stessi, eravamo comunque sempre I Musici. Da Felix Ayo a Roberto Michelucci, da Luciano Vicari ad Anna Maria Cotogni, da Arnaldo Apostoli ad Antonio Perez, da Enzo Altobelli a Francesco Strano, da Pina Carmirelli e Salvatore Accardo, da Federico Agostini a Mariana Sirbu e Antonio Salvatore, da Maria Teresa Garatti a Bruno Giuranna e Dino Asciolla, da Mario Centurione a Cino Ghedin: ecco solo alcuni dei nomi che hanno fatto la storia del gruppo. Tutti hanno lasciato un contributo, una traccia che ognuno dei componenti attuali sa di dover seguire e proseguire per lasciarla a sua volta un giorno a qualcun altro. Oggi i 12 componenti sono equamente ripartiti tra giovani e membri storici: sono infatti presenti 4 musicisti che da oltre 30 anni calcano i palcoscenici di tutto il mondo sotto il nome de I Musici. Sono Pasquale Pellegrino, Claudio Buccarella, Massimo Paris e Vito Paternoster: mi piace citarli perché rappresentato un pezzo di storia che non si può trascurare. A loro è stato lasciato il compito di formare i giovani affinché possano poi, a loro volta, formare la prossima generazione. Ecco: oggi I Musici sono un mirabile equilibrio di passato e presente, ma con lo sguardo sempre al futuro.




I Musici sono stati i primi a incidere Le Quattro Stagioni di Vivaldi, primo cd di musica classica della storia, vendendone la cifra di 25 milioni di copie nelle varie edizioni: a cosa è dovuto un tale successo?  Questo bisognerebbe chiederlo in primis alle persone che hanno acquistato le nostre registrazioni. Scherzi a parte, ritengo che il successo sia dovuto, innanzitutto, alla straordinaria bellezza della composizione di cui stiamo parlando. Personalmente, lo trovo uno tra i pochissimi brani che si possono ascoltare e riascoltare senza “stancare” le orecchie: così ricco di creatività, di bellezza musicale. Un capolavoro, insomma! Per queste sue caratteristiche lo accosterei alla Sinfonia in sol minore di Mozart. Un'altra ragione sta, sicuramente, nella straordinaria comunicatività tipicamente italiana del brano, con il fascino che ciò esercita sul pubblico di tutto il mondo. Inoltre, I Musici hanno fatto de Le Quattro Stagione una sorta di loro “brand” personale, anche se ovviamente ne esistono decine di versioni di tutti i tipi: da quella di Von Karajan a quelle filologiche con strumenti originali. E, per finire, non dobbiamo trascurare il fatto che un brano come questo piace a persone dei più disparati livelli culturali e generazionali in quanto si presta a essere letto su molti livelli: dall’ascolto più disimpegnato delle bellissime melodie alle considerazioni più filosofiche sul ciclo della vita. Vede bene, dunque, che la scelta di farne il fulcro del repertorio fu azzeccata. Anche di questo dobbiamo ringraziare coloro che all’epoca si tuffarono a capofitto in una scommessa che poteva apparire tutt’altro che vinta in partenza, considerando soprattutto che, in quegli anni, raramente Le Quattro Stagioni venivano eseguite tutte insieme, come I Musici tra i primi fecero, dando inizio a un'usanza oggi ormai consolidata.



Siete stati anche i primi a realizzare, negli anni ’70, un film-video musicale classico, Le Quattro Stagioni con Roberto Michelucci: come nacque il progetto? Il progetto nacque su iniziativa del regista e produttore Reiner Moritz, molto attivo nel campo della regia di eventi e filmati di musica classica. Con la collaborazione della Rai, della francese Ortf e di una televisione giapponese si diede forma al progetto: venne individuata una splendida villa palladiana con giardini all’italiana nel Veneto. E lì, vestiti in costume del Settecento, I Musici si mossero come attori-musicisti in uno dei primi esempi di questo genere. Il film fu poi trasposto sui primi formati dedicati all’intrattenimento home-video, come videocassette, laser disc e così via. Fu davvero un evento all’epoca: devo dire che, anche dopo tanti anni, il film è ancora molto bello da vedere e da “sentire”. 

Nel corso di questi 60 anni di attività avete raggiunto altri importanti primati: avete portato il nome di Roma, dell’Italia e della musica italiana nel mondo, spaziando con il repertorio dal Settecento alla musica contemporanea e molti compositori hanno scritto espressamente per voi. Qual è il segreto di un tale successo, per giunta così duraturo? Non so se il successo abbia dei segreti. Per quanto riguarda I Musici posso dire che sul palcoscenico noi siamo sinceri. E appassionati. Probabilmente il pubblico percepisce queste nostre emozioni e si lascia coinvolgere dalla nostra passione per la musica. Il nostro scopo è sempre il dialogo: con lo spartito, con l’autore, con gli strumenti, con noi stessi, con il pubblico. Posso citare anche un piccolo aneddoto: nel mese di ottobre del 2011 abbiamo effettuato una bellissima tournée in Giappone, a pochi mesi dalla devastazione dello tsunami con tutti ciò che ne è conseguito. Abbiamo suonato nelle sale più importanti ma anche in piccole città di provincia con sale da 7-800 posti (piccole per lo standard nipponico…): al termine dei concerti, durante la cena di commiato con il nostro manager, abbiamo avuto i sinceri apprezzamenti per il nostro lavoro, soprattutto per il fatto che, nonostante i tanti concerti e i viaggi faticosi, anche nei Paesi più piccoli e lontani mai avevamo dato l’impressione di stare sul palco per routine: avevamo dato sempre e a tutti il 100% di noi stessi. Ecco, forse qui sta il vero segreto: non risparmiarsi mai e dare sempre tutto!




Fin dalle origini l’ensemble ha deciso di esibirsi senza direttore: perché questa scelta? Ho parlato più volte con i membri storici e i fondatori del gruppo di quest’argomento: l’idea era quella di ritornare allo spirito dei gruppi proprio del periodo Barocco italiano, in cui le piccole orchestre non avevano un vero e proprio direttore, o non sempre perlomeno, e il Primo violino fungeva da direttore “suonante”. Se vogliamo fare un paragone calcistico, è un po’ come una squadra che ha l’allenatore in campo a giocare con gli altri. Questa scelta fu avallata, fortunatamente per il gruppo, nientemeno che da Arturo Toscanini, il quale da direttore avrebbe potuto benissimo criticare e addirittura bocciare questo tentativo: al contrario, se ne rivelò entusiasta a tal punto da lasciare scritta la famosa frase che costituì il primo grande viatico del complesso: “Ho sentito un gruppo di giovani ragazzi, bravi, bravissimi: no, non muore la musica!”. Poteva andare meglio di così?

Nel settembre del 2011 è uscito per Fonè un nuovo disco con i Concerti per archi e continuo di Antonio Vivaldi,  dopo l’incisione, nel 2009, del Concerto per archi che Nino Rota aveva composto appositamente per I Musici nel 1965. Perché questo ritorno  alla musica del ‘700? È innegabile che il repertorio italiano del ‘700 abbia rappresentato gran parte della fortuna de I Musici e che sia stato l’elemento principale del successo iniziale. D’altronde, la freschezza di questa musica, la sua solarità, la sua capacità di sorprendere l’ascoltatore con le sue trovate melodiche, armoniche, ritmiche, insomma la sua “attualità” sono ben note. Dunque, dopo aver toccato il repertorio di inizio e metà Novecento con il disco dedicato a Respighi, Puccini, Bossi e Rota, siamo tornati indietro e abbiamo di nuovo poggiato lo sguardo sul ‘700: dapprima, con un disco intitolato Concerti e Follie al tempo di Pergolesi, pubblicato nel 2010 in occasione del tricentenario della nascita del compositore jesino e contenente musiche oltre che di Pergolesi di Vivaldi (immancabile…), Geminiani e Durante. L’anno scorso, poi, il cd preparato per il nostro anniversario ha preso forma come un omaggio al compositore che più di ogni altro ha decretato il successo del complesso in questi 60 anni, ossia Antonio Vivaldi. Abbiamo scelto una piccola serie di concerti e sinfonie per archi che ben descrivono la genialità del Prete Rosso e le abbiamo fatte nostre per dare al pubblico che ci segue da tanti anni l’opportunità di sentire dove sono I Musici in questo momento. Una sorta di vetrina-specchio per noi stessi e per chi ci ascolta.




Nonostante il passare degli anni e il rigenerarsi della formazione la qualità esecutive che hanno sempre contraddistinto la formazione sono rimaste intatte. Come è stato possibile? Evidentemente si è sempre ben scelto i nuovi componenti che si sono succeduti: questo, però, al di là della battuta, non sarebbe stato sufficiente. È chiaro che esiste un’idea che sottintende alla nostra attività, alle nostre prove, ai nostri concerti, che è quella di fare musica con passione. Questo non lascia spazio ad altro che non sia studio, impegno, concentrazione, volontà e sacrificio. Sul palco siamo impegnati sempre totalmente, e così quando ci incontriamo per studiare. Ma non c’è mai stata una strategia in tal senso: è sempre stato tutto molto spontaneo e naturale. Questa è senz’altro una grande fortuna: speriamo di non sciupare mai questo capitale di stima e fiducia che abbiamo accumulato in tanti anni. Anche di questo bisogna ringraziare naturalmente il pubblico che è stato sempre il nostro primo è più importante supporto.

Uno dei primi concerti dell’ensemble avvenne il 20 febbraio 1957 alla Società del Quartetto di Milano dove tornerete martedì 20 novembre. L’ultimo concerto per la Società milanese risale al 1978: perché un’assenza di 34 anni da Milano? Questo è difficile da dire. L’attività di un gruppo come il nostro segue un po’ gli andamenti del “mercato” (brutta parola riferita alla musica ma al momento non saprei trovarne una migliore), e negli Anni ‘70 e ‘80 l’attività all’estero era davvero preponderante, per cui fu in un certo senso quasi naturale trascurare il nostro Paese. Passato questo periodo, come si può immaginare, si era creata quasi una resistenza al nostro rientro su questo mercato, e il contemporaneo nascere di gruppi specializzati nel Barocco aveva, per così dire, riempito ogni Stagione da Camera. C’è voluto del tempo per far ritornare a conoscere il nostro nome e le nostre esecuzioni qui in Italia ma negli ultimi due, tre anni abbiamo effettuato ormai una ventina di concerti, tra i quali mi piace citare quello tenuto il 30 marzo 2012 a S. Cecilia in occasione del 60° del debutto pubblico de I Musici. Con questa data di Milano possiamo considerare conclusa questa lunga operazione di “ritorno a casa”: una casa dove torniamo con grande entusiasmo e pronti a continuare il lavoro che stiamo portando avanti.


Per l’occasione riproporrete lo stesso programma di quello storico concerto…
Ci piaceva riallacciarci a quanto proposto allora: in realtà, nei nostri programmi cerchiamo sempre di alternare brani popolari (come Le Quattro Stagioni in questo caso) ad altri meno noti, come il Concerto per clavicembalo di Giordani e quello per violoncello di Vivaldi. La prima parte del programma, poi, rappresenta, con l’aggiunta della Follia di Geminiani, una sorta di viaggio musicale nel nostro Paese, spaziando anche geograficamente dal Nord al Sud (considerando le origini degli autori). Il passato, chiaramente, costituisce  per noi una solida radice su cui far crescere un albero robusto. Non abbiamo paura di difenderlo ma sappiamo anche protenderci verso nuove esperienze. Spero che questo programma piaccia perché rappresenta bene questi concetti a noi molto cari.

Adriana Benignetti