mercoledì 25 luglio 2012

Incontro ravvicinato con … Marco Boni

«Se ne avessi il tempo, andrei tutto il giorno in giro con un megafono a urlare per strada cercando di far capire a chi non ascolta la musica classica cosa e quanto si perde»


Sei nato in una famiglia di musicisti. Studiare musica è stata, per te, una scelta naturale o un’imposizione?

La fortuna di avere avuto un padre che mi portava frequentemente con sé a seguire le prove dell’Orchestra del Teatro Comunale ha fatto nascere in me, spontaneamente, l’amore per la musica.

Ti sei avvicinato alla musica studiando, contemporaneamente, corno e violoncello: perché 2 strumenti e così diversi fra loro?

In realtà, il mio strumento principale è sempre stato il violoncello; conoscere profondamente anche uno strumento a fiato è, però, importantissimo per la formazione di un direttore d’orchestra.


A 11 anni l’incontro con il grande Sergiu Celibidache. Cosa ricordi di quei momenti?

A quell’età seguivo le lezioni di direzione con Celibidache e, essendo la “mascotte”, un giorno mi fece salire sul podio dapprima tenendomi le braccia per correggere la gestualità; poi, mi fece dirigere un intero movimento di una Sinfonia di Schubert. Il ricordo è vivo in me come se fosse  accaduto ieri.

Hai iniziato presto una brillante carriera di violoncellista: perché, poi, hai deciso di dedicarti alla direzione?

In realtà sin da bambino ho sempre desiderato dirigere; all’età di otto anni volli in regalo una bacchetta e la partitura dell’Incompiuta di Schubert, che dirigevo ascoltando i dischi, a orecchio, perché. all’epoca, non sapevo leggere la partitura … Il violoncello mi ha dato enormi soddisfazioni soprattutto per quanto riguarda la mia attività di camerista che mi ha portato a collaborare con musicisti di livello mondiale dai quali ho imparato tutto ciò che oggi metto in pratica nella musica sinfonica.

Quanto ti è servito l’aver ricoperto per molti anni il ruolo di Primo Violoncello?

Anche Toscanini è stato un orchestrale, Giulini ha suonato la viola nell’Orchestra di Roma e tanti altri illustri direttori sono passati da quell’esperienza. Conoscere l’orchestra dal suo interno è estremamente formativo per quando ci si trova dall’altra parte della barricata.

Hai collaborato con solisti d’eccezione: c’è qualcuno che ricordi con particolare affetto o emozione?

Ne ricordo tanti con affetto ed emozione: la musica da camera di per sé è uno scambio di continue emozioni. Suonare in quartetto con Paolo Borciani o con Sandor Vegh, in sestetto d’archi a fianco di Paul Tortellier, in trio d’archi con Carmignola e con Yuri Bashmet sono tutti ricordi indelebili nella mia memoria, tutte emozioni inesplicabili.

Nel 1994 la grande svolta, quando vieni nominato Direttore Principale della Concertgebouw Chamber Orchestra di Amsterdam, ruolo che ricopri tuttora a distanza di quasi 20 anni. Un legame speciale, quasi esclusivo, con questa formazione …

 Lo scorso giugno sono stato nominato dai membri della Concertgebouw Direttore Onorario. Non è un legame speciale: è un matrimonio indissolubile! Abbiamo progetti assieme fino al 2015.

Leggendo il tuo curriculum si nota un’assoluta predilezione per il repertorio sinfonico e cameristico: una scelta o un caso?

Mi capita di affrontare anche il repertorio operistico; ad esempio, con il Teatro Regio di Parma ho registrato un doppio CD di musiche verdiane. Sicuramente, data la mia esperienza di camerista, il repertorio di musica strumentale è quello che prediligo sebbene il sogno di dirigere il Rosenkavalier sia sempre nel cassetto.

Dal 2010 è iniziata la collaborazione con l’Accademia Pianistica Internazionale di Imola. Quanto ti ha arricchito l’esperienza didattica?

È un’esperienza straordinaria dal punto di vista musicale e umano. Gli allievi che arrivano lì sono già “iperselezionati” e alcuni di loro suonano già da solisti nei più importanti festival internazionali. Il nostro rapporto, così come il nostro scambio musicale continuano spesso anche al di fuori dell’aula, seduti ai tavoli di qualche locale sino a tarda notte. L’esperienza didattica è fondamentale per un musicista: è come guardarsi continuamente allo specchio. Il fatto poi di vedere i progressi negli allievi ti fa crescere l’entusiasmo ogni giorno.

Questa prima edizione di “Imola Summer Piano” è caratterizzata dal connubio con i Social Network, in particolare Twitter attraverso il quale sarà possibile seguire in diretta tutti gli eventi. Quanto le nuove tecnologie possono aiutare la diffusione della musica classica e “reperire” nuovo pubblico?

Trovo fondamentale l’utilizzo di ogni risorsa per divulgare la musica. Se ne avessi il tempo, andrei tutto il giorno in giro con un megafono (un sistema certamente più antiquato di Twitter) a urlare per strada cercando di far capire a chi non ascolta la musica classica cosa e quanto si perde.
Adriana Benignetti