mercoledì 15 giugno 2011

A colloquio con Jader Bignamini

«Quello che conta più di tutto è il risultato»

 

(Foto: laverdi.org)

Passione, carisma, caparbietà. Sono queste le doti di Jader Bignamini che colpiscono di più al primo incontro. E sono queste le doti che, unite a una notevole forza di volontà e a una grandissima curiosità, hanno permesso a questo giovane cremasco di trasformare in realtà un sogno coltivato fin da piccolo. «Sono sempre stato attratto dalla direzione: da bambino mi mettevo di fronte allo stereo e provavo a dirigere, immaginando l’orchestra davanti a me. Mia madre pensava fossi pazzo».


Incontro Bignamini a Milano in Auditorium, durante le prove dello spettacolo Chi rapì la Topina Costanza? di Roberta Vacca, andato in scena il 26 febbraio scorso, con grande successo di critica e di pubblico. Come mio solito, arrivo all’appuntamento prima del previsto, riuscendo a vedere Jader “in azione”: sono lì, di fronte a lui, mentre è intento a provare con i cantanti ed è talmente “rapito” dalla partitura da non vedere altro, tanto meno me. Attendo, quindi… E rimango a mia volta rapita dall’energia e dall’entusiasmo che Bignamini, aiutato anche dal "physique du rôle", riesce a trasmettere.


Una volta terminate le prove, gli chiedo di raccontarmi com’è nata questa sua passione: mi spiega, così, che l’avvicinamento alla musica è iniziato, per lui, con lo studio del clarinetto. «Ho iniziato a suonare a 9 anni il clarinetto piccolo. Nella mia famiglia non c’era nessun musicista: io ho scelto il clarinetto guardando una foto. Solo che con le mani non arrivavo a chiudere i fori… allora, ho optato per il clarinetto piccolo. A 10 anni sono entrato in banda. Amavo molto il clarinetto piccolo, ma ero incuriosito anche dalle partiture; prendevo quelle della banda, andavo a “spulciarle” e cercavo di capire come funzionava, finché, all'età di 19 anni, il direttore della banda ha smesso di dirigere. Mi hanno chiesto se volevo “provare”: l’ho fatto e mi è piaciuto da subito. Nel 2005 ho avuto l’opportunità di dirigere, a Crema, la Settima e l’Ottava di Beethoven. È stato il mio debutto ufficiale. E da lì mi è sembrata una cosa che potessi fare».

Jader Bignamini, Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi
 Va’ pensiero sull’ali dorate dal Nabucco

Una passione fortissima, dunque, supportata da una “sete di sapere” e da una curiosità quasi spasmodiche che gli hanno consentito d'iniziare a dirigere con un percorso non del tutto tradizionale. Ossia, a differenza della quasi totalità dei casi, non dopo anni e anni di studio, ma partendo dalla “pratica”. 

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Adriana Benignetti